I problemi dell'aeronavigazione
Tema, quello dell’uso militare dell’aereo, sul quale altri si stanno esercitando con maggiore consapevolezza. A gennaio si insedia a Centocelle la prima scuola militare di volo. Tra luglio e settembre,
in occasione del primo stanziamento di bilancio a favore di una forza aerea militare, Douhet pubblica un articolo su la “Rivista Militare” e ben tredici su “La preparazione “, trisettimanale fondato e diretto
da Enrico Barone, già colonnello di Stato Maggiore e ora valente economista. Punto di partenza del ragionamento di Dohuet il fatto che l’aereo nel 1908 era un “giocattolo” e nel 1910 ha già “preso possesso
del dominio dell’aria” (come capacità di sostenersi e muoversi con relativa sicurezza, interpreto) la cui importanza è identica a quella del dominio del mare.
Il salto di qualità dalla raggiunta capacità
di volare alla opportunità delle sue applicazioni militari, sta nella esigenza dichiarata di progettare e costruire mezzi aerei adeguati all’impiego che dovranno svolgere in guerra. Anzi, qui da noi già infuria
la prima battaglia aerea combattuta, per il momento, oltre che su” Il dovere”, sulle pagine ufficiali delle riviste di forza armata e d’arma. L’aereo in quanto macchina bellica diventa così in Italia, grazie a Dohuet
e a Montù, oggetto di una questione militare come in Europa, dove attorno al 1909 è cominciato il processo culturale e politico della militarizzazione dell’aviazione sotto forma di una nazionalizzazione della
stessa. L’aeroplano mette in moto un proprio processo identitario. Alcuni pittori lo percepiscono e lo esprimono in maniera netta in soggetti “aeronautici”, da Lemmen (Fete Aerostatique, 1909) a Picasso
(Notre avenir aste dans l’air, 1912), a de La Fresnay (La conquete de l’air, 1913) e Cistopher Nevinson (Aero Plane, 1914). Anche grazie a loro lo spazio fisico, contrattosi e divenuto violabile, diventa
spazio politico.
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Il Manifesto dal titolo Guerra sola igiene del mondo, edito nel 1915,è un esempio di tale vis efferata e brutale, che, nello specifico, veicola un’esortazione a prendere le armi e lanciare strali contro i nemici del rinnovamento, contro gli assetti costituiti, contro le pacificazioni di comodo. La guerra viene vista come la sede privilegiata da cui far spirare una ventata di radicale rinnovamento dell’umanità e costituisce il terreno fertile per far nascere un uomo nuovo, pur a prezzo di un gran numero di vite umane immolate in sacrificio di questo ideale palingenetico.
Il futurismo, fondato da Filippo Tommaso Martinetti, costituisce l’esito estremo, sul piano del linguaggio e dell’azione, delle forme e dei contenuti di diverse pratiche artistiche, di quella ricerca di protagonismo che caratterizza le classi intellettuali italiane di inizio Novecento, nel confronto con il nuovo mondo industriale e modernizzato.
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Testo di: Fortunato Minniti, da: L'Aeronautica italiana nella I Guerra Mondiale, Atti del Convegno, Roma 21-22 novembre 2007