Premessa.

La perdita dei confini del mondo conosciuto che i contemporanei avvertono tra 1914 e 1918, anni di pena, di paura e di coraggio, è definitiva. L'attitudine a dubitare, la diffidenza verso la realtà, la ricerca costante di significato, l'instabilità del nostro essere, nascono allora. La Grande Guerra è il luogo dove i soldati vedono per la prima volta un mondo diverso, nel quale si afferma la rivoluzione dei mezzi di comunicazione comparsi tra Otto e Novecento. Il suo impatto sulla cultura contemporanea è tale da modificare l'immaginario e la stessa coscienza dell'occidente. Anche per questo noi ne abbiamo ancora memoria, malgrado il tempo che ci separa da essa. Quella guerra, un episodio distruttivo grave e protratto nel tempo, sta dunque alle origini della nostra complessa contemporaneità e si presenta qual è: una contraddizione creativa.
Una contraddizione vivono in primo luogo coloro che allora combattono. Sta nello scopo ultimo della vittoria cui ambiscono quasi tutti i governi: edificare mediante la guerra un mondo senza guerra. E' pura illusione. Anche la pace non riuscirà a realizzarlo poichè delegittima e si contrappone a una sola guerra, quella condotta dal nemico, rappresentato alla fine dagli sconfitti. Sta poi nella molteplicità delle esperienze fatte dalla popolazione: una di massa, la partecipazione necessaria e inevitabile della maggioranza degli uomini giovani e meno giovani; l'altra elitaria, il ruolo promotore assunto e mantenuto, con qualche successiva e localizzata defezione, dalle avanguardie intellettuali e politiche, prima e durante la guerra: E ancora, per i soli combattenti : una esperienza tradizionale, sofferta in superficie, sul terreno e sul mare, sottostante . in senso sia fisico che mentale - e una fuori dal comune, vissuta in aria.
Parola forunata quest'ultima, sineddoche di cielo, metafora di una dimensione da sempre ambita dall'uomo ma negatagli sino al giorno prima. Dalla novità della condizione umana, prima che militare - vissuta da coloro che si assumono il rischio e si disputano il privilegio del volo - parte qualunque discorso si voglia fare sulla guerra aerea e sulla posizione che insieme conquistano nell'immaginario di quel mondo, allora occupato a fare a pezzi, per non più ricostituirla sino a ieri, la sostanziale unità dell'Europa in termini di civiltà e cultura.
Quando questo accade, il volo sta diventando parte di quella cultura da dieci anni, grazie agli aeroplani che si solelvano più in alto dell'orizzonte e grazie ad alcune opere letterarie, sia popolari che d'avanguardia, che raggiungono un pubblico vasto. Sono tutte improvvise ma necessarie aperture - e altrettanto può dirsi di alcuni dipinti - sulla ricerca di significato del'esperienza che allora si compie, e si replica, nel nuovo dominio dell'uomo.

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Rosina Ferrario
1888-1957

"I figli dell'aria" è un romanzo avventuroso fantascientifico di Emilio Salgari, pubblicato nel 1904. Due militari russi di stanza a Pechino, Fedoro e Rokoff, sono accusati di omicidio e condannati morte. Pochi istanti prima dell'esecuzione vengono salvai dal provvidenziale intervento di una fantastica macchina volante, lo Sparviero, condotta dall'enigmatico Comandante. I due amici diventano così i protagonisti di prodigiose avventure in compagnia del ricco Comandante, che tuttavia nasconde misteriosi propositi. Le vicende hanno avuto un seguito nel romanzo "Il Re dell'aria" pubblicato nel 1907

Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgari nacque a Verona il 21 agosto del 1862. Scrittore italiano di romanzi d'avventura molto popolari.
Si toglie la vita il 25 aprile 1911, a Torino

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Testo di: Fortunato Minniti, da: L'Aeronautica italiana nella I Guerra Mondiale, Atti del Convegno, Roma 21-22 novembre 2007

Milano 1912. Una giovane donna, poco più che ventenne, si presenta alla scuola di aviazione dell'ingegner Caproni, al campo di Vizzola Ticino, per prendere lezioni di volo. Poco dopo otterrà il brevetto di aviatrice italiana civile: la prima in Italia, l'ottava nel mondo. Insieme a lei, Rosina Ferrario, alla scuola Caproni c'era solo un'altra donna, la diciassettenne Ester Vietta, di Tortona. Di agiata famiglia borghese, lavora come impiegata. Sportiva e appassionata di montagna, guida anche l'automobile, ma è in bicicletta che si reca alla lezioni di volo. Conseguito il brevetto, vive il suo momento di gloria tra il 1913 e il 1914, quando partecipa a diverse manifestazioni e voli dimostrativi. Al Meeting Aviatorio di Napoli fa cadere una pioggia di garofani rossi sulla folla; vola su Roma per la visita del re, è a Como per il 1° Circuito dei Laghi; insieme ad Achille Landini, uno degli aviatori più famosi dell'epoca, si esibisce a Busseto per il centenario della nascita di Giuseppe Verdi, atterrando in mezzo alla nebbia su un campo di granoturco spianato per l'occasione. Invitata in America del Sud per alcuni voli di propaganda turistica, dovrà però rinunciare al viaggio per l'incombere della guerra. Rosina si rende conto che potrebbe essere utile per trasportare feriti per conto della Croce Rossa e si mette subito a disposizione. Ma ormai i voli civili sono aboliti e tutti i piloti devono essere militari. Rosina è esclusa, in quanto "non è previsto l'arruolamento di signorine nel R. Esercito", come specifica una lettera del Ministero della Guerra in risposta a una delle sue tante domande. Degli anni seguenti sappiamo poco: nel 1921 troviamo Rosina Ferrario felicemente sposata con Enrico Grugnola, conosciuto durante un'escursione del Club Alpino Italiano. Insieme aprono un albergo a Milano con un grande giardino, l'Hotel Italia in Piazzale Fiume, e hanno due figli. Ormai Rosina si dedica solo alla famiglia; delle sue passioni giovanili, coltiva la musica e le ascensioni in alta montagna. Partecipa regolarmente agli incontri dei Pionieri dell'Aeronautica, ma non volerà più, rifiutandosi di salire su quegli "autobus da cielo" che sono per lei gli aerei moderni e rimpiangendo i tempi in cui volare era un'avventura romantica, a bordo del "suo" aereo e a contatto con gli elementi. Il distintivo dei Pionieri la accompagnerà anche nella morte, avvenuta nel 1959, ed è l'unica decorazione sulla sua tomba, a Sesto San Giovanni.

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