E’ in questo contesto che avviene il felice incontro, quanto mai opportuno, dell’arte del manifesto con la nascente “arte del volo” che portava con sé nuove suggestioni ed un senso epico e di sfida verso nuovi orizzonti di progresso tecnologico. Il manifesto, da parte sua, poteva offrire un eccezionale canale per la diffusione e la conoscenza del nuovo mezzo di trasporto, e, al tempo stesso, un valido alleato nel dare corpo ad un “mito della modernità” e ad una “mistica aerea” per una nuova stagione di conquiste e scoperte che si rifacevano idealmente a quelle dei grandi navigatori dei secoli precedenti. Si venne così a creare una miscela particolare che infiammò, non solo letteralmente, le folle che accorrevano sempre più numerose alle manifestazioni aeree (i “concorsi”, come allora erano definiti), sia per scoprire le nuove “macchine volanti”, ma anche per vedere da vicino gli impavidi eroi del cielo, novelli navigatori solitari in un mare di nuvole inesplorate. Dunque, come accennato più sopra, nel momento in cui l’arte del volo aveva bisogno di un adeguato supporto visivo e promozionale, il manifesto si trovò nella condizione ideale, non solo tecnica ma anche di qualità artistica, per soddisfare quest’esigenza. Quanto alle fonti d’ispirazione di questi primi manifesti a soggetto aviatorio, il periodo anteguerra è legato all’evento in sé, alla singola manifestazione aerea, alla dimostrazione cittadina, mentre, nel dopoguerra, si va invece a determinare una stretta connessione tra la crescita di un’aeronautica militare e civile e le motivazioni di propaganda di un regime che vede nel grande fascino del volo e delle sue imprese che appassionano le folle anche un formidabile alleato per una contemporanea crescita del consenso politico, mascherato dietro a generali motivi di “orgoglio e primato italiano”. 

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Aldo Mazza
1880-1964

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Testo tratto da: Futurismo. Progresso. Volo di Maurizio Scudiero

CIRCUITO AEREO DI BRESCIA 1909

Il circuito internazionale, prima gara aerea d’Italia e seconda in Europa riservato a "aeronavi, dirigibili e macchine volanti", si svolse a Brescia dal 5 al 20 settembre 1909. Si iscrissero (ma non tutti parteciparono) 14 aviatori, otto dei quali italiani, cinque francesi e un americano. Fra gli stranieri figuravano due nomi di grande spicco: Louis Blériot e Glenn Curtiss, il primo presente con due suoi monoplani e il secondo con un suo biplano. Nel gruppo degli italiani primeggiava Mario Calderara, allievo prediletto di Wilbur Wright che qualche mese prima, a Centocelle, gli aveva insegnato a volare. E poi c’erano Alessandro Anzani e Umberto Cagno, tutti e due con biplani Voisin costruiti su licenza in Italia dall’Avis (che concorreva anche in proprio come società con un altro biplano), Leonino Da Zara con un monoplano Miller (una curiosa macchina costruita a Torino da Franz Miller, e con grandi ali ricurve che ricordavano quelle di un gabbiano), nonché tre costruttori piloti: Mario Cobianchi, Mario Faccioli e Guido Moncher. Cobianchi arrivò con un biplano costruito a Torino da Miller che, come il monoplano di Da Zara, si presentava piuttosto curiosamente con l’ala superiore ricurva verso il basso per aumentare (così si pensava allora) la stabilità del velivolo. Nella rappresentanza francese figuravano ancora un monoplano Blériot (quello di Alfred Leblanc), un biplano Voisin pilotato da Henri Rougier e un dirigibile, lo Zodiac III, orgogliosamente presentato e pilotato dal conte Henri de La Vaulx, uno degli animatori dell’Aéro Club de France. Secondo Gregory Alegi, Brescia fu coraggiosa nel decidere di avviare il Circuito, approvato il 12 dicembre 1908 dal consiglio comunale di Brescia «da tenersi nel 1909 con premi di 50.000 lire». In Italia le premesse non erano entusiasmanti ma il Circuito si inserì in un frizzante contesto culturale: per esempio i più grandi letterati del tempo, tra cui Salgari, Pascoli, Buzzi e Robida, si interessarono al tema, che provocò anche numerosi dibattiti militari e la nascita di diverse associazioni. Anche d’Annunzio vola per la prima volta, alla presenza del re e della regina, e di numerose personalità accorse da ogni parte d’Europa, tra una folla di 50.000 spettatori, dapprima senza fortuna con l’americano Curtiss e poi con l’italiano Calderara. Ha anche modo di intrattenersi a lungo con Blériot e altri assi del volo e rilascia un’intervista che Luigi Barzini pubblica nel "Corriere della Sera" l’11 settembre: "E’ una cosa divina. Non penso che a volare ancora". Franz Kafka, accorso alla manifestazione, ne scrive a lungo. Il circuito aereo si svolse nella brughiera di Montichiari e si inserì in una serie di manifestazioni che nell'anno 1909 pose il capoluogo lombardo al centro dell'attenzione per la scienza e la tecnologia, come la Esposizione Internazionale di Elettricità.

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ALDO MAZZA
1882 - 1916

Nasce a Milano nel 1880. Nipote e pronipote di pittori insigni – il padre ottimo ritrattista e lo zio famoso animalista e caricaturista – si dedica alla pittura a diciassettene anni dopo il giudizio favorevole di Mosè Bianchi. E’ allievo all’Accademia di Brera di Cesare Tallone e, ancor giovane ed ignoto, illustra i libri per i fanciulli della Vallardi, illustratore di libri per linfanzia, o di romanzi come La partenza del crociato. Caricaturista geniale, dal 1904 diventaprincipale caricaturista del Guerin Meschino, per cui lavorò circa ventanni. Lavora anche per Il Secolo, Il Numero e Il Pasquino e per altri giornali; circa duecento sue vignette sono raccolte nel volume edito nel 1928 a favore dell’istituto Cesare Beccaria di Milano.
Numerose aziende gli commissionano manifesti murali, tra queste Birra Italia, Lubrificanti Shell, Articoli per la Fotografia Ganzini, Biciclette Bianchi, La Rinascente, Credito Italiano, Magazzini Vittoria, e tanti altri ancora. Oltre sessanta manifesti e quaranta cartoline da lui realizzate sono conservati presso la Civica Raccolta delle Stampe Bertarelli di Milano.
Come pittore, tra le sue prime esperienze è la presenza all’esposizione di Torino del 1911 in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, dove espone un raffinato ritratto di sua moglie. Una sua opera Del vespero, riecheggiante la maniera divisonista, viene esposta alla Biennale di Venezia del 1906. Nel 1924 presso la Villa Reale di Monza è presente nella Mostra del ritratto femminile contemporaneo, un genere che, unitamente al ritratto dei bambini, era particolarmente da lui praticato.  decenni successivi allestisce un’importante mostra alla Galleria Pesaro a Milano, del 1935, di nuovo con una galleria suggestiva di ritratti femminili. Muore nel 1964, a Gavirate, località dove in vita trascorre molto del suo tempo (da: www.italialiberty.it)

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CRESCENZAGO (MI)

L’ingegner Enrico Forlanini, effettuò il volo inaugurale del suo dirigibile, il 9 luglio 1909, dal cantiere con hangar a Crescenzago, vicino a Cascina Gobba. L’hangar ed i prati utilizzati per le operazioni di decollo sembra accertato che fossero tra Crescenzago e la Gobba, ad oggi è difficile identificarne con certezza il luogo esatto. Si protende per dei terreni verso Cimiano, tra l’attuale parcheggio della metropolitana e la tangenziale.




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DELAGRANGE VOLERA', 1908




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PLINIO CODOGNATO, 1910
Valico del Sempione
La cartolina di Plinio Codognato per le commemorazioni del 1910 indette dal Comitato Circuito Aereo di Milano




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ALDO MAZZA, 1911
Raid Parigi-Roma-Torino; Crociera internazionale Torino-Venezia-Roma; Festa Nazionale dei Gonfaloni




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ALDO MAZZA, 1921
Circuito di Brescia




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FEDELE AZARI, 1920
Riunione Idro Aviatoria




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BORGONI MARIO, 1922
Grande Settimana Internazionale di Idroaviazione




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E’ in questo contesto che avviene il felice incontro, quanto mai opportuno, dell’arte del manifesto con la nascente “arte del volo” che portava con sé nuove suggestioni ed un senso epico e di sfida verso nuovi orizzonti di progresso tecnologico. Il manifesto, da parte sua, poteva offrire un eccezionale canale per la diffusione e la conoscenza del nuovo mezzo di trasporto, e, al tempo stesso, un valido alleato nel dare corpo ad un “mito della modernità” e ad una “mistica aerea” per una nuova stagione di conquiste e scoperte che si rifacevano idealmente a quelle dei grandi navigatori dei secoli precedenti. Si venne così a creare una miscela particolare che infiammò, non solo letteralmente, le folle che accorrevano sempre più numerose alle manifestazioni aeree (i “concorsi”, come allora erano definiti), sia per scoprire le nuove “macchine volanti”, ma anche per vedere da vicino gli impavidi eroi del cielo, novelli navigatori solitari in un mare di nuvole inesplorate. Dunque, come accennato più sopra, nel momento in cui l’arte del volo aveva bisogno di un adeguato supporto visivo e promozionale, il manifesto si trovò nella condizione ideale, non solo tecnica ma anche di qualità artistica, per soddisfare quest’esigenza. Quanto alle fonti d’ispirazione di questi primi manifesti a soggetto aviatorio, il periodo anteguerra è legato all’evento in sé, alla singola manifestazione aerea, alla dimostrazione cittadina, mentre, nel dopoguerra, si va invece a determinare una stretta connessione tra la crescita di un’aeronautica militare e civile e le motivazioni di propaganda di un regime che vede nel grande fascino del volo e delle sue imprese che appassionano le folle anche un formidabile alleato per una contemporanea crescita del consenso politico, mascherato dietro a generali motivi di “orgoglio e primato italiano”.

Da un punto di vista stilistico, invece, mentre la produzione d’anteguerra è ancora gravata da accenti simbolisti, da connotazioni epiche, e dall’eredità dell’Art Nouveau, nel dopoguerra si assiste ad un veloce rinnovamento lessicale, con una graduale adesione agli stilemi del Futurismo, che si rivelano funzionali alla tematica aerea, adesione che diverrà più palese nel corso degli anni Trenta. Diagonalismi, per “dinamizzare” le composizioni, nuovo design del lettering, accostamenti cromatici spesso azzardati, prospettive audacissime a forte impatto tridimensionale: sembrava insomma che il manifesto aeronautico volesse colpire gli osservatori con un “pugno nell’occhio”, per citare il titolo di una rivista di grafica pubblicitaria dell’epoca. Per meglio comprendere, basterà un veloce sguardo alle immagini pubblicate. Ad esempio, nei primissimi manifesti, dopo i voli di Delagrange del 1908, il soggetto preminente è la “macchina volante”: di volta in volta il Voisin, il Curtiss o il Bleriot. Poi, una volta “provato” che l’aereo è affidabile, il concetto stesso di quelle prime dimostrazioni viene a cadere, e l’attenzione si sposta sull’uomo, sul “pilota”, e sulla sfida, come il volo sopra al Sempione del 23 settembre 1910 nel quale perde la vita l’aviatore peruviano Geo Chavez, proprio quando era quasi giunto a destinazione, a Domodossola. Ma già l’anno dopo, per il cinquantenario dell’unità d’Italia fu organizzato un raid, una gara aerea, da Parigi a Torino, via Roma, cui parteciparono dodici aviatori e che fu vinta dal francese Beaumont, su Bleriot. Aldo Mazza ne realizzò il manifesto accostando una forte citazione neoclassica, in primo piano, a simboleggiare il grande passato dell’Italia, con i nuovi mezzi di locomozione moderna. Si giunse così alla prima guerra mondiale dove l’aereo giocò un ruolo importantissimo, e l’Italia ne comprese appieno le potenzialità, tanto che nel corso del conflitto furono costruiti in Italia circa 12 mila velivoli e 24 mila motori: uno sforzo bellico che vide il paese superare la produzione di Austria, Russia e Stati Uniti. Ma l’immaginario collettivo non si nutre solo di numeri, e quindi la guerra produsse anche i primi eroi dell’aria. Uno per tutti: Francesco Baracca, che cadde sul Montello nel giugno del 1918 dopo aver abbattuto 34 aerei nemici. E poi l’impresa di Gabriele D’Annunzio, che con una squadriglia di sette aeroplani Ansaldo (la “Serenissima”) il 9 agosto 1918 volò nel cielo di Vienna lanciando migliaia di manifestini che causarono danni morali ben maggiori di quelli che avrebbero potuto infliggere le poche bombe trasportate da quei traballanti velivoli.

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FEDELE AZARI
1895 - 1930

Pittore e aviatore, nato a Torino nel 1898 e morto in volo nel 1930. Ha pubblicato il Il Manifesto del teatro Aereo Futurista (1919). Nel 1924 Organizza con Mino Somenzi il I° Congresso futurista e firma il Manifesto La flora futurista. Nel 1925 Firma il Manifesto Vita simultanea futurista. Nelle Edizioni Dinamo-Azari è apparso il libro-macchina, Depero futurista (1927). Nel 1929 Pubblica con Marinetti il Primo dizionario aereo.
(In basso: Teatro aereo futurista, 1922-26, olio su tela, 80 × 49 cm; Trento, Museo dell'aeronautica Gianni Caproni)




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PLINIO CODOGNATO
1878 - 1940

Nacque a Verona da Pietro Andrea e da Teresa Luigia Sega. La sua formazione si svolse nella città natale, ove ebbe modo di frequentare la locale Accademia e di conoscere Mosè Bianchi, che nel 1899 ne era divenuto direttore. Gli interessi del Codognato scartarono però ben presto il campo della pittura, che pure continuò a praticare saltuariamente, per orientarsi verso quelli dell'illustrazione e della grafica pubblicitaria, attività che egli proseguì per tutta la vita e a cui deve la sua notorietà. È allievo di Mosè Bianchi all'Accademia Cignaroli di Verona. Si dedica alla grafica pubblicitaria a partire dal 1904 (manifesto per la Fiera di Verona); trasferitosi a Milano nel 1919, si specializza nella reclame 'motoristica' e viene definito «il cantore della velocità» per il fascino che esercitano su di lui tutti i mezzi di trasporto e per la bravura con cui realizza circa cento cartelloni riguardanti auto, moto e motoscafi, tutti caratterizzati da colori molto vivaci uniti alla ricerca della sintesi e del senso della velocità. Il suo nome è legato principalmente alla Fiat con la quale collabora per oltre vent'anni, creando alcuni manifesti considerati dei veri capolavori in campo pubblicitario come il Fiat in pista (disegnato nel 1923 dopo le vittorie della vettura tipo 804 al Gran Premio di Francia pilotata da Felice Nazzaro ed al Gran Premio d'Italia guidata da Pietro Bordino); come il Centauro che, sovrastando il Lingotto, solleva con una mano la 509; e come il Piedistallo su cui poggia la 514. Il più noto cartellone di Codognato è senza dubbio il Balilla nel quale la figura del ragazzino fascista predomina rispetto all'immagine della vettura posta in secondo piano.




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MARIO BORGONI
1869 - 1950

Pittore e cartellonista. Studia all'Istituto di Belle Arti di Napoli, nel quale poi diviene insegnante di Ornato. Dal 1905 collabora costantemente con lo Stabilimento Richter & C. di Napoli, uno dei maggiori produttori italiani di manifesti litografici e di cartoline illustrate, divenendone il direttore artistico. Creatore di numerose e felicissime composizioni grafiche che pubblicizzano soprattutto manifestazioni e località turistiche, realizza innumerevoli cartelloni per ENIT/FFSS (Ente Nazionale Industria Turistica e Ferrovie dello Stato) e per alberghi di gran lusso: Ferrara - Castello Estense, Excelsior Palace Hotel - Venice Lido, Taormina - Teatro greco, Amalfi, Sorrento, Portofino, Stresa, Teatro di Pompei, Napoli, Hotel Royal - Bordighera. Negli anni Trenta si stabilisce per qualche tempo a New York, ove continua l'attività, fino al suo rientro definitivo a Napoli. Borgoni fu anche decoratore d'intemi: ricordiamo un pannello monocromo per la sala di rappresentanza del "Circolo Artistico" di Napoli e il soffitto del Caffè Fortunio, nella medesima città. L'impianto delle sue composizioni cartellonistiche si caratterizza per un doppio piano "dimensionale": la cornice ed il quadro. La prima avvolge la raffigurazione iconografica e ingloba quasi sempre anche il lettering, la seconda comprende la parte descrittiva, che si presenta quasi sempre come "una scena" da ammirare da una finestra, una "quinta" su un paesaggio velato spesso da toni irreali e fiabeschi, dominati però da corpose figure femminili che interpretano i ruoli e gli stereotipi necessari alla narrazione pubblicitaria: la donna Italia che indica la vittoria ai soldati (Prestito Nazionale 1917), la forosetta che ammira il panorama siciliano (Treni di lusso ferrovie dello Stato, 1908), la gentildonna malaticcia delle Pastiglie della Madonna della Salute, la "sirenetta" gaudente e lasciva della Birra Milano, la dispensatrice di denari della Lotteria, 1911, le eleganti turiste del lido di Rimini, 1908. Per alcuni aspetti il suo schema stilistico è vicino a quello di Aleardo Villa e degli altri grafici del primo Liberty italiano, ma si caratterizza per una certa originalità grazie ai tratti aggraziati, per i toni quasi "trasparenti" delle colorazioni e per il sapiente dosaggio dei volumi, nei quali persiste un innegabile substrato pittorico. Alcuni manifesti realizzati dalle Officine Richter non portano la sua firma (Rimini Grand Hotel 1908 e Feste di Palermo 1910, ad esempio) ma per gli inconfondibili stilemi sono di facile attribuzione a questo originale ed abile artefice che, nonostante la copiosa e pregevole produzione, non è stato ancora pienamente valorizzato. (Cat., Il mare di Dudovich, Fabbri Editori, Milano 1991)




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FORTUNATO DEPERO
1892 - 1918

Fortunato Depero nasce a Fondo in provincia di Trento nel 1892. Molto presto si trasferisce con la famiglia a Rovereto dove frequenta un istituto a indirizzo tecnico e artistico. Il suo tirocinio avviene presso lo studio dello scultore Scanagatta. Nel 1913 si trasferisce a Roma con Rosetta Amadori, compagna che sarà al suo fianco per tutto l’arco della vita. A Roma Depero conosce Balla e Marinetti. Nel 1914 realizza una serie di disegni ispirandosi alla simultaneità e al dinamismo di Umberto Boccioni. Nel 1915 firma insieme a Giacomo Balla il Manifesto di Ricostruzione Futurista dell’Universo. Lavora per il regista Sergeij Diaghilev realizzando le scenografie del balletto “Le chant di rossignol” di Igor Strawinskij. E’ il periodo in cui incontra Coctecu, Picasso, Clavel. Nel 1919 l’artista rientra con la moglie a Rovereto dove inaugura la “Casa d’Arte Futurista Depero”, un sorta di laboratorio di produzione di tarsie in panno, collages e oggetti d’arte applicata. Nel 1923 partecipa alla “I Mostra Internazionale d’Arte Decorativa” di Monza. A partire dal 1925 hanno inizio le fortunate partecipazioni di Depero alle esposizioni internazionali come l’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes. Nello stesso anno è a Parigi. Nel 1927 pubblica Depero-Dinamo Azari, il famoso libro imbullontato, primo esempio di libro futurista. Nel 1928 parte per New York dove tiene alcune esposizioni presso gallerie private, ma soprattutto opera come interior designer, scenografo e costumista, pubblicitario e illustratore. Nel 1930 torna in Italia: l’anno seguente è a Roma alla “I Quadriennale Nazionale d’Arte”, successivamente alla Biennale di Venezia e poi alla V Triennale di Milano. Nel 1948 sbarca nuovamente a New York dove tiene due personali. Rientrato in Italia si applica alla decorazione della Sala del Consiglio Provinciale di Trento. Nel 1950 pubblica il Manifesto della Pittura e Plastica Nucleare. A partire dal 1957 si dedica all’allestimento della Galleria Permanente Museo Depero a Rovereto, istituzione fondata in collaborazione con il Comune.
(In basso: Mondanità, 1910)




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GERARDO DOTTORI
1884 - 1960

Pittore, Poeta e uomo di profonda cultura, Dottori nasce a Perugia nel 1884, orfano di padre, compiute le elementari lavora presso un antiquario per circa quattro anni, poi si concede un periodo di riflessione, che trascorre girovagando nelle campagne circostanti la città. Frequenta quindi l’Accademia di Belle Arti e, tra il 1904 e il 1905, inizia a dipingere secondo i dettami formali del Movimento Divisionista. Nel 1906 a Milano opera come riquadratore e pittore di stanze; poco dopo, disoccupato, è costretto a rientrare a Perugia. Nel 1912 aderisce al Movimento Futurista, avanguardia culturalmente avanzata e provocatoria, scelta fondamentale che orienterà l’intero percorso artistico. Al ritorno dalla guerra del 1915 – 1918 fonda a Perugia la rivista “Griffa”. Nel 1926 si trasferisce a Roma, dove risiede fino al 1939 e collabora con diverse testate giornalistiche. La sua pittura, dopo una iniziale produzione simbolista e divisionista che è sicuramente influenzata dagli studi accademici, si evolve nella direzione del dinamismo plastico con suggestioni astratte che derivano da Giacomo Balla, di cui sarà amico e profondo estimatore. L’assunto fondamentale della sua ricognizione pittorica e grafica è la nuova elaborazione della prospettiva aerea, cosiddetta “a volo d’uccello”. Già adottata nel Rinascimento da Leonardo secondo canoni scientifici, viene ripresa in termini soggettivi e trasfiguranti, con scorci dilatati e multipli punti focali. L’immagine è scandita da vortici centrifughi e centripeti, dagli andamenti lineari e dalla fibrillazione atmosferica del colore. I princìpi di simultaneità, compenetrazioni reciproche di forme e il dinamismo, sono alla base della concezione futurista che viene pienamente recepita da Dottori, assieme alla velocità e alla compenetrazione di forme in movimento. Nella produzione dell’artista, sempre ispirata dal paesaggio umbro, sovente l’accezione è lirica e naturalistica, ispirata da una realtà concepita come fenomeno in divenire, parte di un insieme cosmico che racchiude ogni elemento dell’immagine in un continuum spaziale denso d’energia, materia vitale e luce, come si rileva dalla decorazione dell’Aeroporto di Ostia del 1929, oggi purtroppo distrutta, o dal dipinto Miracolo di luci della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, poetica ulteriormente precisata dagli anni Quaranta con opere quali Lago umbro del 1942, o le molteplici rappresentazioni, realizzate sia con gli oli che con i pastelli, ispirate dal paesaggio che circonda la sua amata Perugia.




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