A chiudere il decennio con un’altra svolta epocale ci pensa F.T. Marinetti che con l’articolo Prospettive del volo e Aeropittura, pubblicato da “La Gazzetta del Popolo” di Torino del 22 settembre 1929, va a coagulare tutti questi sintomi in un vero e proprio manifesto programmatico. In seguito il testo fu più volte ripubblicato, anche come prefazione ai cataloghi delle mostre itineranti che dovevano promuovere l’Aeropittura, con l’aggiunta di altri punti teorici e delle firme di Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Prampolini, Somenzi e Tato, insomma dello stato maggiore del Futurismo del momento. Ma la forza propositiva di questo documento teorico non risiedeva certo nelle firme a supporto quanto nei punti programmatici che andavano a scardinare il senso tradizionale della visione con proposte di un tecnicismo così analitico che era appunto il frutto delle effettive esperienze di volo degli artisti. Per riassumere, i primi quattro punti del manifesto (nella versione più completa del 1931) vertono sulle mutevoli prospettive visive offerte dal volo, del tutto nuove e rivoluzionarie rispetto a quelle terrestri proprio per questa continua modificazione dei punti di vista che costringono il pittore a ulteriori sintesi e trasfigurazioni. Nei successivi cinque punti si analizza il tipo di visione, affermando che «tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore: schiacciate, artificiali, provvisorie, appena cadute dal cielo». Esse inoltre «accentuano agli occhi del pittore in volo i caratteri di: folto, sparso, elegante, grandioso». Si afferma inoltre che «ogni aeropittura contiene il doppio movimento dell’aeroplano e della mano del pittore». Il risultato finale dovrebbe poi condurre ad «una nuova spiritualità plastica extraterrestre». Ecco, specie in quest’ultima definizione si può cogliere uno dei principali elementi d’interesse del manifesto.

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Tommaso Filippo Marinetti
1876-1944

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Testo a cura di: Alessio Meuti

IL MANIFESTO DELLA AEROPITTURA (1939)

Nel 1908, F. T. Marinetti pubblicò l'Aeroplano del 'Papa, prima esaltazione lirica in versi liberi del volo e delle prospettive aeree della nostra penisola dall'Etna a Roma, Milano, Trieste. L'aeropoesia si sviluppò con Aeroplani di Paolo Buzzi Ponti sull'Oceano di Luciano Folgore e Caproni di Mario Carli. Nel 1926, il pittore e aviatore futurista Azari crea la prima opera di aeropittura Prospettiva di volo, esposta nella Grande Sala futurista alla Biennale Veneziana. Nel 1929, il pittore Gerardo Dottori orna l'Aeroporto di Ostia con una mirabile decorazione aviatoria futurista, impetuoso slancio di aeroplani nel cielo di Roma con eliche fusoliere, ali trasfigurate sintetizzate e ridotte a tipici elementi plastici. Questa opera di Gerardo Dottori, già notissimo per il suo grande Trittico della Velocità, segna una data importante nella storia della nuova aeropittura, Contemplando le pareti e il soffitto dell'Aeroporto di Ostia il pubblico e la critica si convincono che le tradizionali aquile dipinte, ben lungi dal glorificare 1' aviazione, appaiono oggi come miserabili polli accanto al torrido splendore meccanico di un motore volante, che certo sdegna di arrostirli. La convivenza in carlinga col pittore Dottori, intento a prendere appunti dall'alto, ha suscitato in un altro artista, Mino Somenzi, la concezione precisa dell' Aeropittura. Fra le molte idee esposte da me nella Gazzetta del Popolo del 22 settembre 1929, noto quella del superamento artistico del mare, ultimo grande ispiratore d'avanguardisti e novatori ormai tutti in cielo.
Col quadro Prospettive di volo di Azari, le decorazioni dell'Aeroporto di Ostia del Dottori, le aeropitture del Tato, Marasco, Corona, Fillia, Oriani, entriamo nella bella sintesi astratta di una nuova grande arte.

Noi futuristi dichiariamo che : 1° le prospettive mutevoli del volo costituiscono una realtà assolutamente nuova e che nulla ha di comune con la realtà tradizionalmente costituita dalle prospettive terrestri;
2° gli elementi di questa nuova realtà non hanno nessun punto fermo e sono costruiti dalla stessa mobilità perenne;
3° il pittore non può osservare e dipingere che partecipando alla loro stessa velocità;
4° dipingere dall'alto questa nuova realtà impone un disprezzo profondo per il dettaglio e una necessità di sintetizzare e trasfigurare tutto;
5° tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore in volo:
a) schiacciate
b) artificiali
c) provvisorie
d) appena cadute dal cielo;
6° tutte le parti del paesaggio accentuano agli occhi del pittore in volo i loro caratteri di:
folto
sparso
elegante
grandioso.
7° ogni aeropittura contiene simultaneamente il doppio movimento dell'areoplano e della mano del pittore che muove matita, pennello o diffusore;
8" il quadro o complesso plastico di aeropittura deve essere policentrico;
9° si giungerà presto a una nuova spiritualità plastica extra-terrestre.


Nelle velocità terrestri (cavallo, automobile, treno) le piante, le case ecc.. avventandosi contro di noi, girando rapidissime le vicine, meno rapide le lontane, formano una ruota dinamica nella cornice dell'orizzonte di montagne mare colline laghi, che si sposta anch'essa, ma così lentamente da sembrare ferma. Oltre questa cornice immobile esiste per l'occhio nostro anche la continuità orizzontale del piano su cui si corre.
Nelle velocità aeree invece mancano questa continuità e quella cornice panoramica. L'areoplano che plana si tuffa s'impenna ecc., crea un'ideale osservatorio ipersensibile appeso dovunque nell'infinito, dinamizzato inoltre dalla coscienza stessa del moto, che muta il valore e il ritmo dei minuti e dei secondi di visione-sensazione. Il tempo e lo spazio vengono polverizzati dalla fulminea constatazione che la terra corre velocissima sotto l'aeroplano immobile. Nella virata si chiudono le pieghe della visione-ventaglio (toni verdi + toni marroni + toni celesti diafani dell'atmosfera) per lanciarsi verticali contro la verticale formata dall'apparecchio e dalla terra. Questa visione-ventaglio si riapre in forma di X nella picchiata mantenendo come unica base I' incrocio dei due angoli. Il decollare crea un inseguirsi di V allargantisi. Il Colosseo visto a 3000 metri da un aviatore, che plana a spirale, muta di forma e di dimensi one ad ogni istante e ingrossa successivamente tutte le facce del suo volume nel mostrarle. In linea di volo, ad una quota qualsiasi, ma costante, se trascuriamo ciò che si vede sotto di noi, vediamo apparire davanti un panorama A che si allarga man mano proporzionalmente alla nostra velocità, più oltre un piccolo panorama B che ingrandisce mentre sorvoliamo il panorama A, finchè scorgiamo un panorama C allargantesi man mano che scompaiono A lontanissimo e B ora sorvolato. Nelle virate il punto di vista è sempre sulla traiettoria dell'apparecchio, ma coincide successivamente con tutti i punti della curva compiuta, seguendo tutte le posizioni dell'apparecchio stesso. In una virata a destra i frammenti panoramici diventano circolari e corrono verso sinistra, moltiplicandosi e stringendosi, mentre diminuiscono di numero nello spaziarsi a destra, secondo la maggiore o minore inclinazione dell'apparecchio. Dopo aver studiato le prospettive aeree che si offrono di fronte all'aviatore, studiamo gli innumerevoli effetti laterali. Questi hanno tutti un movimento di rotazione. Così l'apparecchio si avanza come un'asta di ferro doppiamente dentata ingranandosi da una parte e dall'altra coi denti di due ruote che girano in senso opposto a quello dell'apparecchio, e i cui centri sono in tutti i punti dell'orizzonte. Queste visioni rotanti si susseguono, si amalgamano, compenetrando la somma degli spettacoli frontali. Noi futuristi dichiariamo che il principio delle prospettive aeree e conseguentemente il principio dell'Aeropittura, è un'incessante e graduata moltiplicazione di forme e colori con dei crescendo e diminuendo elasticissimi, che si intensificano o si spaziano partorendo nuove gradazioni di forme e colori. Con qualsiasi traiettoria metodo o condizione di volo, i frammenti panoramici sono ognuno la continuazione dell'altro, legati tutti da un misterioso e fatale bisogno di sovrapporre le loro forme e i loro colori, pur conservando fra loro una perfetta e prodigiosa armonia. Questa armonia è determinata dalla stessa continuità di volo.

Si delineano così i caratteri dominanti dell'Aeropittura che, mediante una libertà assoluta di fantasia e un ossessionante desiderio di abbracciare la molteplicità dinamica con la più indispensabile delle sintesi, fisserà l' immenso dramma visionario e sensibile del volo. Si avvicina il giorno in cui gli aeropittori futuristi realizzeranno l'Aeroscultura sognata dal grande Boccioni, armoniosa e significativa composizione di fumi colorati offerti ai pennelli del tramonto e dell'aurora e di variopinti lunghi fasci di luce elettrica.

I FUTURISTI:
BALLA
BENEDETTA
DEPERO
DOTTORI
FILLIA
MARINETTI
PRAMPOLINI
SOMENZI
TATO

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FILIPPO TOMMASO MARINETTI 1876 - 1944

Filippo Tommaso Marinetti, nasce ad Alessandria d'Egitto il 22 dicembre 1876. Alcuni anni dopo, la famiglia torna in Italia e si stabilisce a Milano. Fin da giovanissimi i fratelli Marinetti manifestano uno smisurato amore per le lettere, ed un temperamento esuberante. Nel 1894 Marinetti consegue il baccalaureato a Parigi e si iscrive alla facoltà di Legge di Pavia già frequentata dal fratello maggiore Leone, che morirà nel 1897 a soli 22 anni a causa di complicazioni cardiache. Trasferitosi all'ateneo di Genova un anno prima della laurea, che conseguirà nel 1899, collabora all'Anthologie revue de France et d'Italie, e vince il concorso parigino dei Samedis populaires con il poemetto La vieux marins. Nel 1902 viene pubblicato il suo primo libro in versi La conquete des étoiles nel quale già si scorgono i primi versi sciolti e quelle figure che caratterizzeranno la letteratura futurista. Filippo Tommaso Marinetti Il poeta combattente 22 dicembre 1876Capricorno 2 dicembre 1944 Commenta Filippo Tommaso Marinetti Filippo Tommaso Marinetti, nasce ad Alessandria d'Egitto il 22 dicembre 1876, secondogenito dell'avvocato civilista Enrico Marinetti e di Amalia Grolli. Alcuni anni dopo, la famiglia torna in Italia e si stabilisce a Milano. Fin da giovanissimi i fratelli Marinetti manifestano uno smisurato amore per le lettere, ed un temperamento esuberante. Nel 1894 Marinetti consegue il baccalaureato a Parigi e si iscrive alla facoltà di Legge di Pavia già frequentata dal fratello maggiore Leone, che morirà nel 1897 a soli 22 anni a causa di complicazioni cardiache. Trasferitosi all'ateneo di Genova un anno prima della laurea, che conseguirà nel 1899, collabora all'Anthologie revue de France et d'Italie, e vince il concorso parigino dei Samedis populaires con il poemetto La vieux marins. Nel 1902 viene pubblicato il suo primo libro in versi La conquete des étoiles nel quale già si scorgono i primi versi sciolti e quelle figure che caratterizzeranno la letteratura futurista. Vicino all'area politica socialista non vi aderisce mai a pieno per via delle sue idee nazionaliste, e nonostante la pubblicazione sull'Avanti del suo Re Baldoria, riflessione politico satirica. Nel 1905 fonda la rivista Poesia, tramite la quale inizia la sua battaglia per l'affermazione del verso libero, per il quale dapprima incontra un'ostilità diffusa. Il 20 febbraio del 1909 pubblica su Le Figaro il manifesto del Futurismo, fondato su undici punti che conglobano tutte le arti, il costume e la politica, facendo del Futurismo l'unica avanguardia poliedrica. Il Futurismo dichiara Marinetti: "E' un movimento anticulturale, antifilosofico, di idee, di intuiti, di istinti, di schiaffi, pugni purificatori e velocizzatori. I futuristi combattono la prudenza diplomatica, il tradizionalismo, il neutralismo, i musei, il culto del libro." La rivista Poesia viene soppressa pochi mesi dopo perché considerata sorpassata dallo stesso Marinetti, il quale conclude la sua pubblicazione facendo apparire sull'ultimo numero il poema futurista Uccidiamo il chiaro di luna, atto d'accusa all'arcaico sentimentalismo dominante nella poesia italiana, e vero e proprio inno alla follia creativa. Da principio, oltre ai frizzanti e provocatori Manifesti, le serate a teatro sono la principale cassa di risonanza del Futurismo, il pubblico composto da aristocratici, borghesi e proletari, viene provocato con abilità e maestria e spesso le serate futuriste si concludono con l'intervento delle forze dell'ordine. Nel 1911 allo scoppio del conflitto in Libia, Marinetti, vi si reca come corrispondente per il giornale parigino L'intransigeant, e sui campi di battaglia trova l'ispirazione che consacrerà definitivamente le parole in libertà. Nel 1913, mentre in Italia sempre più artisti aderiscono al Futurismo, Marinetti parte per la Russia per un ciclo di conferenze. Nel 1914 pubblica il libro parolibero Zang Tumb tumb. Alla vigilia del primo conflitto mondiale Marinetti ed i futuristi si proclamano accesi interventisti, e partecipano al conflitto, alla fine del quale al leader futurista sono conferite due medaglie al valore militare. Alla fine della prima guerra mondiale Marinetti stipula un programma politico futurista, i suoi intenti rivoluzionari portano alla formazione dei fasci futuristi e alla fondazione del giornale Roma futurista. Nello stesso anno avviene l'incontro con la poetessa e pittrice Benedetta Cappa che nel 1923 diventerà sua moglie, e da cui avrà tre figlie. Nonostante una certa vicinanza all'area comunista e anarchica, Marinetti non è convinto che una rivoluzione bolscevica come quella russa sia prospettabile per il popolo italiano, e ne propone un'analisi nel suo libro Al di là del comunismo pubblicato nel 1920. Il programma politico futurista affascina Mussolini trascinandolo a fare suoi molti degli innumerevoli punti del manifesto programmatico. Nel 1919 alla riunione al San Sepolcro per la cerimonia di fondazione dei fasci dei combattenti, Mussolini si avvale della collaborazione dei futuristi e della loro abilità propagandistica. Nel 1920 Marinetti si allontana dal fascismo, accusandolo di reazionarietà e passatismo, rimanendo comunque una personalità rispettata e piena di considerazione da parte di Mussolini. Durante i primi anni di regime fascista Marinetti intraprende varie tournee all'estero per la divulgazione del Futurismo, durante questi suoi viaggi partorisce l'idea per un nuovo tipo di teatro, "regno del chaos e della molteplicità." Il 1922 è l'anno che vede la pubblicazione del, a detta del suo stesso autore, "indefinibile romanzo" Gl'Indomabili, a cui seguiranno altri romanzi e saggi. Nel 1929 viene insignito della carica di letterato d'Italia. Seguono la pubblicazione di poemi ed aeropoemi. Nel 1935 si reca volontario in Africa orientale; di ritorno nel 1936 comincia una lunga serie di studi e sperimentazioni sulle parole in libertà. A luglio del 1942 riparte per il fronte, stavolta nella campagna di Russia. Il suo stato di salute all'arrivo del rigido autunno si aggrava ulteriormente e viene rimpatriato. Nel 1943 dopo la destituzione di Mussolini, con la moglie e le figlie, si trasferisce a Venezia. (da: Biografie online)

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L’Aeropittura, in altri termini, è il risultato di un’acquisita nuova sensibilità visiva. La terra è osservata dall’alto e, cosa ancora più interessante, è osservata “dinamicamente”, dunque in una continua successione di visioni mutevoli. A chiudere il decennio con un’altra svolta epocale ci pensa F.T. Marinetti che con l’articolo Prospettive del volo e Aeropittura, pubblicato da “La Gazzetta del Popolo” di Torino del 22 settembre 1929, va a coagulare tutti questi sintomi in un vero e proprio manifesto programmatico. In seguito il testo fu più volte ripubblicato, anche come prefazione ai cataloghi delle mostre itineranti che dovevano promuovere l’Aeropittura, con l’aggiunta di altri punti teorici e delle firme di Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Prampolini, Somenzi e Tato, insomma dello stato maggiore del Futurismo del momento. Ma la forza propositiva di questo documento teorico non risiedeva certo nelle firme a supporto quanto nei punti programmatici che andavano a scardinare il senso tradizionale della visione con proposte di un tecnicismo così analitico che era appunto il frutto delle effettive esperienze di volo degli artisti. Per riassumere, i primi quattro punti del manifesto (nella versione più completa del 1931) vertono sulle mutevoli prospettive visive offerte dal volo, del tutto nuove e rivoluzionarie rispetto a quelle terrestri proprio per questa continua modificazione dei punti di vista che costringono il pittore a ulteriori sintesi e trasfigurazioni. Nei successivi cinque punti si analizza il tipo di visione, affermando che «tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore: schiacciate, artificiali, provvisorie, appena cadute dal cielo». Esse inoltre «accentuano agli occhi del pittore in volo i caratteri di: folto, sparso, elegante, grandioso». Si afferma inoltre che «ogni aeropittura contiene il doppio movimento dell’aeroplano e della mano del pittore». Il risultato finale dovrebbe poi condurre ad «una nuova spiritualità plastica extraterrestre». Ecco, specie in quest’ultima definizione si può cogliere uno dei principali elementi d’interesse del manifesto. L’Aeropittura, in altri termini, è il risultato di un’acquisita nuova sensibilità visiva. La terra è osservata dall’alto e, cosa ancora più interessante, è osservata “dinamicamente”, dunque in una continua successione di visioni mutevoli.

Tutto ciò il pittore deve poi riversare sulla tela, ma aggiungendovi inoltre anche il “senso” di una nuova coscienza spirituale quale risultante psico-fisica dell’affrancamento dalla “pesantezza” della condizione terrestre. E’ qui fin troppo evidente come queste proposizioni teoriche siano ben lontane da qualsiasi accento ideologico o politico, anzi esse mostrano un’urgenza, una pulsione, verso la ricerca di una “ulteriore” dimensione che ad un certo punto non sarà più né terrena, né aerea, ma propriamente cosmica. Si tratta di una nuova connotazione che, nello “strappo” dalle contingenze terrene, si scopre una vocazione anche mistica e “spirituale”, che sfocerà di lì a poco nell’Arte Sacra Futurista che vede il torinese Fillia in prima linea. Ma questa è un’altra storia. Tornando all’arte del manifesto, nel corso degli anni Trenta si muove sia in ambito propagandistico sia promozionale per la nascente aviazione civile. Al primo genere appartengono alcuni dei migliori manifesti italiani in assoluto, quindi non solo di stretto soggetto aviatorio, come le varie edizioni del Giorno dell’Ala e come la lunga serie dedicata alla Crociera Aerea del Decennale del 1933, la trasvolata in formazione verso l’America del Nord che ebbe un’eco ben maggiore di quella del 1931 verso Rio de Janeiro. Per l’evento furono impegnati artisti come Marcello Dudovich, Umberto Di Lazzaro e Luigi Martinati. Quest’ultimo, in particolare, ha realizzato i manifesti forse più suggestivi della serie: il primo, con lo stormo dei potenti Savoia Marchetti sullo sfondo del volto del duce, e l’altro con un singolare e prospetticamente audacissimo ponte aereo tra il Vittoriano, a Roma, ed i grattacieli di Manhattan, a New York. La trasvolata oceanica del 1933 fu un’impresa epica per quel tempo: sino ad allora l’Atlantico settentrionale era stato traversato solo da aerei solitari e perciò l’impresa, oltre ad ottenere accoglienze trionfali negli Stati Uniti, fu commentata alla radio da Charles Lindbergh, protagonista del volo solitario New York-Parigi nel 1927, e dall’aviatrice transoceanica Amelia Earhart. Un discorso a parte, pur nell’ambito della propaganda, va riservato ai manifesti che pubblicizzavano i corsi per piloti della Regia Accademia Aeronautica Italiana: una lunga serie realizzata da Alberto Mastroianni, allora grafico ed oggi scultore di fama internazionale. All’ambito commerciale, appartengono invece i manifesti pubblicitari, come nel caso del Cioccolato Ali d’Italia, che prese l’ispirazione dalla prima crociera atlantica verso il Brasile, ma soprattutto per l’aviazione civile che vide la sua nascita nel 1926 con la Società Italiana Servizi Aerei che avviò un collegamento di idrovolanti fra il golfo di Trieste ed il Po a Torino. Nello stesso anno iniziarono i voli anche la compagnia di Navigazione Aerea di Genova, che collegava Genova con Palermo, Napoli e Roma e la Società Aereo Espresso Italiana, che invece volava da Brindisi verso Atene e Istanbul. In seguito, con gli anni Trenta, gran parte delle compagnie aeree private confluì nella Società Aerea Mediterranea che, nel 1934, a sua volta fu assorbita dalla neo costituita Ala Littoria, di Roma, fondata su un azionariato statale, che diede vita al primo network nazionale ed a varie destinazioni verso l’estero, e che alla fine degli anni Trenta operava sulle Linee Atlantiche con il sud America. Infine, a Milano, a Linate, sorsero le Avio Linee Italiane, in gran parte con capitale Fiat, che operavano collegamenti con Roma, l’Inghilterra, la Francia e l’Albania. Singolare, a questo proposito, la grafica del manifesto per la rotta Milano-Ancona-Bari-Tirana, con una serie di simboli delle città servite sovrapposti alla sagoma di un aereo stilizzato.

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MINO (MARIO STANISLAO) SOMENZI
1899 - 1948

Nato a Marcaria nel 1899 Mario Stanislao, detto Mino, visse a Mantova fino al 1915 quando si arruolò volontario a Verona nel corpo "ciclisti ed automobilisti", l'unico che accettava ragazzi in età premilitare. Futurista, nel '19 insieme a Marinetti forse partecipò a Milano alla fondazione dei Fasci di combattimento. Dopo di che andò a Fiume con D'Annunzio, che lo congedò nell'ottobre 1920, un paio di mesi prima della fine della Reggenza del Carnaro. Tornato a Milano, nel '22 marciò su Roma. Da fascista scrisse una storia del fascismo a dispense che non piacque ai gerarchi milanesi, quindi fu "tonfato". Riparò a Roma per fare il giornalista e l'editore specializzato nella divulgazione del Futurismo. Fu fascista, ma senza tessera e per giunta antihitleriano. Nel 1929 fu tra i redattori de Manifesto dell'Aeropittura futurista con Marinetti, Balla, Fortunato Depero, Prampolini, Gerardo Dottori, Benedetta Cappa, Fillia e Tato Nel maggio 1932 fondò e diresse il periodico Futurismo, che, mantenendo uno stretto rapporto con Marinetti, divenne organo di stampa del Futurismo. Nel 1933 organizza una mostra futurista a Palazzo Te di Mantova e la Prima mostra nazionale d'arte futurista a Piazza Adriana a Roma. Con Marinetti e Angiolo Mazzoni, Mino Somenzi redige il Manifesto dell'Architettura Aerea che fu pubblicato il 27 gennaio 1934. Il periodico futurista cambiò il suo nome in Sant'Elia nel 1934 e in Artecrazia nel 1935, e fu infine chiuso dal regime fascista perché ormai l'arte moderna era osteggiata in quanto non più conforme alla propaganda focalizzata sulla romanità. In più, negli elenchi delle famiglie ebree era presente il cognome Somenzi. La scampò. Nel '40 fu tesserato nel Pnf con anzianità 1919 come legionario fiumano. Arruolato nel '43 negli stabilimenti militari di Gaeta, a guerra finita aprì l'Agenzia di stampa Minos. Nel '46 il suo nome figurò tra gli agenti dell'Ovra, la polizia segreta fascista, ma fu scagionato. Ammalatosi, morì nel 1948.




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ENRICO PRAMPOLINI
1894 - 1956

Enrico Prampolini modenese di nascita, nel 1912 s’iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Roma, ma viene espulso l’anno successivo per aver pubblicato un manifesto antiaccademico. Esponente di primo piano del Futurismo, frequenta lo studio di Giacomo Balla. Ha stretti contatti con i rappresentanti delle avanguardie artistiche europee: con il dadaismo, il Bauhaus, il De Stijl, con Pablo Picasso, Vasilij Kandinskij e Jean Cocteau. Occupa un posto a sé nel panorama europeo dell’arte astratta. Si caratterizza per il suo profondo interesse per il dinamismo e l’organicismo, che si manifesterà negli anni Trenta e Quaranta in visioni cosmiche ed oniriche. Dopo l’esperienza futurista, realizza anche opere polimateriche e bioplastiche, in cui appare talora influenzato da visioni del microcosmo. Il suo intento, come lui stesso ha dichiarato, è di esprimere le estreme latitudini del mondo introspettivo. A Parigi, nel 1925, entra in contatto col Surrealismo, di cui risente la sua fase definita "idealismo cosmico". E’ uno stile pittorico che combina forme biomorfiche e forme non oggettuali, talora con inserti polimaterici. La sua produzione più tipica è da ricercarsi nei bozzetti per scenografie: è stato titolare della cattedra di Scenografia all’Accademia di Brera di Milano. Tra le sue numerose opere, particolarmente suggestiva è la Maternità Cosmica, conservata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Da: www.enciclopediadarte.eu/ (Immagine: Superamento terrestre, 1932)




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LUIGI COLOMBO (FILLIA)
1910 - 2000

Il suo vero nome era Luigi Colombo (Fillia era il cognome materno) è stato un artista futurista italiano poliedrico nell'affrontare diverse problematiche artistiche. Fu attivo sul fronte delle avanguardie artistiche, soprattutto abbracciando completamente lo spirito futurista, nel periodo definito secondo futurismo di cui fu fondatore, animatore e leader sul territorio torinese. Nel 1922 è coautore del libretto Poesia proletaria e nel 1923 costituisce a Torino i Sindacati Artistici Futuristi, promotori di una rivoluzione proletaria in chiave futurista. Nel 1928 organizza il Padiglione Futurista per l'Esposizione Internazionale di Torino. La sua iniziale attività è legata fortemente alla parola, sia nel teatro che nella poesia, ma sfocia anche nella pittura, con uno stile legato inizialmente all'astrazione per poi giungere a una figurazione che viene definita cosmica. Pubblica la rivista La terra dei vivi. Svolge anche attività critica e storica e fonda le pubblicazioni la Città Futurista nel 1929 e La Città Nuova nel 1931. In questo ultimo anno, cura la pubblicazione di un importante repertorio internazionale La Nuova Architettura e firma con Marinetti il Manifesto dell'arte sacra futurista. È stata recentemente messa in evidenza una serie di suoi lavori pittorici sull'arte sacra, tema classico della tradizione italiana, rivisitato in una sperimentale chiave spirituale-meccanica futurista. Nel 1932, sempre con Marinetti firma La cucina futurista. Nel 1933 esegue con Enrico Prampolini il grande mosaico futurista Le comunicazioni all'interno della torre del Palazzo delle Poste alla Spezia.

www.wuz.it/ (In basso: Aeropittura, 1932)




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MARIO DUDOVICH
1878 - 1962

Marcello Dudovich (Trieste, 21 marzo 1878 – Milano, 31 marzo 1962) è stato un pubblicitario e pittore italiano. Assieme a Leonetto Cappiello, Adolf Hohenstein, Giovanni Maria Mataloni e Leopoldo Metlicovitz è stato uno dei padri del moderno cartellonismo pubblicitario italiano. Da Trieste si trasferisce a Milano nel 1897. Grazie all'amicizia del padre con Leopoldo Metlicovitz, all'epoca già affermato pittore e cartellonista, Marcello viene assunto come litografo alle Officine Grafiche Ricordi. In questo ambiente, l'artista ha modo di confrontarsi con i lavori di alcuni dei più apprezzati cartellonisti dell'epoca, come Adolf Hohenstein, Aleardo Villa, Leonetto Cappiello, Giovanni Maria Mataloni e viene incaricato di realizzare bozzetti per la pubblicità. Amplia la sua formazione frequentando nel 1898 corsi di disegno accademico e di studio del nudo presso la “Società Artistica Patriottica” di Milano e apre uno studio di pittura assieme a Metlicovitz e al pittore greco Arvanitaki. Inizia a produrre autonomamente le prime opere di grafica pubblicitaria per la Ricordi ma anche per altri stabilimenti litografici quali Gualapini, Cantarella e Modiano. Nel 1899, anno saliente nella sua vicenda artistica, viene chiamato a Bologna per lavorare presso lo Stabilimento Grafico di Edmondo Chappuis. L'artista, pur lasciando Milano, continua il suo rapporto di lavoro con le Officine Grafiche Ricordi. È nel capoluogo emiliano che inizia a produrre cartelloni pubblicitari, copertine, illustrazioni e schizzi per varie riviste; corrispondono proprio a questi anni le prime opere autonome e complete, firmate da Marcello. In questo periodo è anche illustratore di ruolo della rivista “Fantasio” nel 1902, edita a Roma e specializzata in letteratura, critica e varietà. Nel 1900 realizza manifesti che lo portano a vincere per tre anni consecutivi, dal 1900 al 1902, il concorso “Feste di primavera” bandito dalla Società per il Risveglio della Vita cittadina: diventa indiscusso caposcuola del cartellonismo italiano, arrivando a vincere anche la Medaglia d'Oro all'Esposizione Universale di Parigi del 1900. Partecipa nel 1902 all'Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna a Torino, esponendo il manifesto “fisso l'idea” sotto la sigla societaria della cooperativa artistica “Æmilia Ars”, famosa per lo studio di antichi modelli del rinascimento, della lavorazione del gioiello, del cuoio, dei mobili e della ceramica. Collabora nel 1904 con la rivista d'arti e lettere “Novissima”, diretta da Edoardo De Fonseca. La rivista, divulgata per dieci anni, fu considerata il Manifesto della Grafica Moderna, una raffinata pubblicazione italiana dedicata all'arte della decorazione del libro e di ruolo fondamentale nei riguardi dello stile Liberty, in cui collaborarono i maggiori artisti dell'epoca: oltre a Dudovich vi furono Ferruccio Baruffi, Luigi Bompard, Felice Casorati, Giacomo Balla, Gaetano Previati. L'artista rimarrà a Bologna per sei anni produttivi e qui conoscerà la futura moglie, Elisa Bucchi, giornalista di moda originaria di Faenza che rappresenterà la musa ispiratrice dei bei tratti femminili raffigurati nelle sue campagne pubblicitarie. La donna ha già un figlio, Ernesto, al quale Dudovich darà poi il proprio cognome. L'unica figlia di Elisa e Marcello è Adriana, che sposerà nel 1935 Walter Resentera, un giovane pittore veneto. Insieme al giovane, suo grande ammiratore trasferitosi a Milano col fermo proposito di diventare suo allievo, Dudovich inizierà una lunga cooperazione, sia nel campo del manifesto sia in quello della decorazione murale. Instaura in questo periodo rapporti artistici e storici con la città di Firenze, nella quale da molti anni opera Alfonso Rubbiani e la sua scuola di giovani artisti. Lavora per il periodico umoristico bolognese Italia Ride, per il quale realizzerà numerose illustrazioni, vignette satiriche e decorative, una rivista proiettata verso una visione moderna dell'arte contemporanea che sfocia pian piano nella nuova e stimolante Art Nouveau. Questa collaborazione lo porta a stretto contatto con i più importanti personaggi di spicco dell'avanguardia italiana quali Augusto Majani, in arte Nasìca, direttore artistico, Augusto Sèzanne, Luigi Bompard, Ugo Valeri, Ardengo Soffici, Galileo Chini e altri rinnovatori, dalla cui frequentazione l'artista trae ulteriore motivo di crescita. Rimane a Bologna fino al 1905, anno in cui termina la cooperazione con lo stabilimento Chappuis di Bologna, a causa di una indiscutibile tendenza del triestino alla libertà professionale, nella ricerca di sempre nuove esperienze che certo poteva concretizzare in città molto più industrializzate come Milano. Nell'ottobre del 1905 giunge a Dudovich un invito dall'editore Armanino a recarsi a Genova e, nonostante l'entusiasmo iniziale, il capoluogo ligure non riesce ad offrirgli l'ideale ambiente lavorativo. Torna nuovamente a Milano nel 1906, dove prepara un avvenimento d'importanza europea: l'Esposizione Internazionale, collegata all'inaugurazione del Traforo del Sempione. Ristabiliti i rapporti con le Officine Grafiche Ricordi, l'artista partecipa con gli altri cartellonisti della scuderia al concorso indetto per scegliere il manifesto pubblicitario che rappresenterà l'Esposizione. Dopo i riconoscimenti ricevuti per l'inaugurazione del Traforo del Sempione, viene affidato a Dudovich l'incarico di decorare le pareti esterne del padiglione italiano di arte decorativa all'Esposizione Internazionale di Milano, devastato da un incendio. Dudovich, ormai maestro emergente nel panorama della grafica dell'inizio secolo, guarda con attento interesse le nuove avanguardie dell'Espressionismo, movimenti europei quali il “Fauves ”, innescato da Henri Matisse ed il gruppo di “Die Brücke” di Dresda, che influenzeranno le sue opere. Il 1907 e il 1913 sono gli anni dei manifesti, realizzati per le campagne pubblicitarie promosse dai Grandi Magazzini napoletani dei Fratelli Mele, occupandosi della promozione di immagine della ditta. Essi rappresentano in assoluto le sue invenzioni più originali e felici: la “donna in abito rosso”, la “donna in abito azzurro”, la donna scrutata con contrastanti sentimenti da una coppia di passanti. Ma sono anche gli anni in cui Dudovich disegna uno dei suoi più famosi manifesti per la ditta alessandrina Borsalino, vincendo il concorso indetto dalla Casa per realizzare la pubblicità del cappello “Zenit”. Tale manifesto, pur essendo presentato da Dudovich fuori concorso, vincerà l'assegnazione del premio e rappresenterà per lui il maggior tributo e riconoscimento. L'artista frequenta con assiduità i pubblici ritrovi milanesi, entrando in contatto con i più grandi personaggi che animano la vita culturale metropolitana. Egli descrive gli ambienti dove si muovono i signori, i borghesi, dove si esibisce la mondanità, riuscendo però quasi ad idealizzare un mondo del quale diviene interprete, una nuova società fiorente e in continua crescita: la Belle Époque. In questi ambienti intrattiene rapporti di amicizia con Camillo Boito, architetto e scrittore, e con tutta la serie dei grandi artisti e letterati dei circoli milanesi, quali Filippo Carcano, Antonio Ambrogio Alciati, Umberto Boccioni e Federico Andreotti. Frequentando regolarmente il Caffè Biffi, il Savini e l'Orologio, entra in contatto con gli ambienti della moda, facilitato anche dalla moglie Elisa Bucchi che lavora come capo corrispondente per alcune riviste rinomate dell'abbigliamento. Dudovich, assistendo alla trasformazione dell'abbigliamento, soprattutto nella linea dell'abito femminile, approfitta del momento emancipando la figura della donna e dotandola di tutti gli accessori della seduzione: guanti, fiocchi, colletti e calze, il tutto accompagnato dalla sigaretta con bocchino da fumo, divenuta simbolo della verve femminile di quell'epoca. La donna evade dal contesto casalingo non più relegata alle sole mansioni domestiche di fine Ottocento, vedendosi finalmente elevata ad un ruolo determinato nella società.

(In basso: Rinascente, manifesto 1921)




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LUIGI MARTINATI
1893 - 1983

Luigi Martinati si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove approfondisce fin da subito lo studio del settore pubblicitario. I primi manifesti trattano pubblicità commerciali e turistiche. Dedicatosi subito all'illustrazione pubblicitaria, disegna tra il 1923 e il 1941, manifesti di vario soggetto e tematiche, dai cartelloni di pubblicità commerciali alle insegne turistiche, dalle locandine di propaganda politica alle grandi manifestazioni celebrative. Negli anni 30 si trasferisce nel suo nuovo studio di Via Emanuele Filiberto 190 a Roma, che dividerà con il collega Tito Corbella, a poca distanza dalla tipografia A.P.E. situata in Viale Castrense 7 che stamperà la maggior parte dei suoi lavori dagli anni 30 agli anni 50. Diviene il direttore di una delle principali agenzie di pubblicità a Roma, la IGAP (Impresa Generale Affissioni Pubblicità), con la quale lavorano anche Dudovich e Nizzoli, collabora con varie compagnie cinematografiche, in particolare la Warner Brothers. Abbandonato nel secondo dopoguerra il settore pubblicitario si dedica esclusivamente alle illustrazioni cinematografiche. A metà degli anni '40, si unisce con due creativi del design italiano delle locandina da film, Anselmo Ballester e Alfredo Capitani, costituendo lo studio BCM, una società dedicata esclusivamente alla produzione di manifesti pubblicitari di film, che ha prodotto un considerevole numero di suggestive immagini memorabili d'impronta realista. Lo stile personale di Martinati nel cinema è caratterizzato in primo piano da un grande ritratto girato in combinazione con una scena minore. agenzia con la quale collaborano tra gli altri anche Marcello Dudovich e Marcello Nizzoli. Nel dopoguerra si dedica in via esclusiva ai per il cinema. Con Anselmo Ballester realizza l’immagine per Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman e crea lo studio BCM, nel quale vengono realizzati moltissimi manifesti cinematografici di chiara impronta realista.




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MARCELLO DUDOVICH
Trasvolata del decennale
stampa litografica a colori su carta 140 x 100 cm
1933




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CARLA ALBINI
Esposizione Aeronautica Italiana,
stampa litografica a colori su carta 105 x 75,3 cm
1934




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ANONIMO
Tutti a Volare, stampa litografica a colori su carta 100 x 70 cm
1931




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MARIO GROS
Cioccolato ‘Ali d’Italia’ Talmone
stampa litografica a colori 202 x 142 cm

1931




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ALBERTO MASTROIANNI
Accademia Aeronautica. Concorso ...

1938




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ANONIMO
Avio Linee Italiana - Milano-Ancona-Bari-Tirana
1940




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