Asservito alla follia della guerra d’espansione, l’aereo da bombardamento porta morte; durante la seconda grande guerra Londra è sotto il fuoco nemico: «Sono ancora una città ma non per molto. / Cinquanta generazioni mi hanno abitata, / se gli uccelli di morte ora io accolgo: / costruita in mille anni, in un mese devastata» ; in combattimento il generale può anche essere orgoglioso delle sue azioni belliche, ma Brecht è satirico. La polemica del poeta poggia su una speranza che, se in alcuni momenti può apparire disperata, è, in realtà, l’unica risolutiva (da: Poesie di Svendborg) .

Non ne sembra convinto Salvatore Quasimodo: Sei ancora quello della pietra e della fionda,... Non il pensiero, ma neppure il cuore ha trionfato sulla malvagità della natura umana; negli occhi del poeta sono vive le immagini dei bombardamenti, su questi scorrono le tante violenze della storia e l’unica risorsa consiste nel ripudiare il passato. Il velivolo sta tutto, terribilmente rappresentato, nelle sue «ali maligne», entro «meridiane di morte». In guerra gli aerei sono mostri minacciosi: dal loro ventre cadono grappoli di razzi a paracadute; la morte viene dal cielo, questo si fa «rosso». Dall’alto gli obiettivi da colpire sembrano «giocattoli per bambini», «la stazione grande come un pacchetto di sigarette».

Gli uomini che muovono le leve per aprire gli sportelli delle carlinghe compiono gesti semplici, non sentono il rumore delle bombe, non pensano che molti vivono nelle case colpite: Un male universale ha dato loro la possibilità di uccidere delle persone sconosciute, così simili a loro stessi. Un male tanto grande, per cui essi portano terrore e morte e distruzione senza pensarci, con la coscienza di compiere un dovere. Qui il pensiero si confonde con «la coscienza di compiere un dovere», è dunque condizionato; la speranza di Brecht è comunque vanificata. Cosa può spiegare, infatti, l’azione di bombardamento aereo su Hiroscima e Nagasaki? Karl Bruckner nel Gran sole di Hiroscima non ne trova ragione alcuna e anche per questo il suo racconto è agghiacciante.

Se le immagini suggerite dagli aerei da guerra sono aggressive, bellicosi sono anche i nomi dei velivoli; lo testimonia l’elenco che ne fa Mario Lodi nel romanzo autobiografico Il Corvo: Liberator, Spitfire, Thunderbolt.

PAGINA 21

MAB 57
6 luglio 1957

Alfredo Gauro Ambrosi, Attacco con aerei Caproni

Salvatore Quasimodo

Bertold Brecht

Giuseppe Berto

Karl Bruchkner

Mario Lodi

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

SALVATORE QUASIMODO 1901 - 1968

Salvatore Quasimodo nasce a Modica, in provincia di Ragusa il 20 agosto 1901 e trascorre gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia seguendo il padre Gaetano, capostazione delle Ferrovie dello Stato. Dopo il tremendo terremoto del 1908 si trasferisce a Messina dove il padre è chiamato per riorganizzare la locale stazione: inizialmente sono i vagoni ferroviari la loro dimora, come accaduto per molti altri superstiti. Questa esperienza di dolore tragica e precoce lascerà un profondo segno nell'animo del poeta. Nella città dello Stretto Salvatore Quasimodo compie gli studi fino al conseguimento del diploma nel 1919 presso l'Istituto Tecnico "A. M. Jaci", sezione fisico-matematica. A quel'epoca risale un evento di fondamentale importanza per la sua formazione umana e artistica: l'inizio del sodalizio con Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira, che durerà poi tutta la vita. Negli anni messinesi Quasimodo comincia a scrivere versi che pubblica su riviste simboliste locali. Conseguito il diploma, appena diciottenne, Quasimodo lascia la Sicilia con cui manterrà un legame edipico, e si stabilisce a Roma. In questo periodo continua a scrivere versi e studia il latino e il greco presso monsignor Rampolla del Tindaro, nello stato del Vaticano. Nel 1926 viene assunto al Ministero dei Lavori Pubblici e assegnato al Genio Civile di Reggio Calabria. L'attività di geometra, per lui faticosa e del tutto estranea ai suoi interessi letterari, sembra però allontanarlo sempre più dalla poesia e, forse per la prima volta, deve considerare naufragate per sempre le proprie ambizioni poetiche. Tuttavia il riavvicinamento alla Sicilia, i contatti ripresi con gli amici messinesi della prima giovinezza e soprattutto il rinvigorirsi dell'amicizia con Salvatore Pugliatti, insigne giurista e fine intenditore di poesia, volgono a riaccendere la volontà sopita e a far sì che Quasimodo riprenda i versi del decennio romano, per rivederli e aggiungerne di nuovi. Nasce così nel contesto messinese il primo nucleo di "Acque e terre". Nel 1929 si reca a Firenze dove il cognato Elio Vittorini lo introduce nell'ambiente di "Solaria", facendogli conoscere i suoi amici letterati: da Alessandro Bonsanti ad Arturo Loira, a Gianna Manzini ed Eugenio Montale, che intuiscono presto le doti del giovane siciliano. Proprio per le edizioni di "Solaria" (che aveva pubblicato alcune liriche di Quasimodo) esce nel 1930 "Acque e terre", il primo libro della storia poetica di Quasimodo, accolto con entusiasmo dai critici, che salutano la nascita di un nuovo poeta. Nel 1932 Quasimodo vince il premio dell'Antico Fattore, patrocinato dalla rivista e nello stesso anno, per le edizioni di "circoli", esce "Oboe sommerso". Nel 1934 si trasferisce a Milano, città che segnerà una svolta particolarmente significativa nella sua vita, non solo artistica. Accolto nel gruppo di "corrente" si ritrova al centro di una sorta di società letteraria, di cui fanno parte poeti, musicisti, pittori, scultori. Nel 1936 pubblica con G. Scheiwiller "Erato e Apòllion" con cui si conclude la fase ermetica della sua poesia. Nel 1938 lascia il suo lavoro presso il Genio Civile e inizia l'attività editoriale come segretario di Cesare Zavattini, il quale più tardi lo farà entrare nella redazione del settimanale "Il Tempo". Nel 1938 esce la prima importante raccolta antologica "Poesie", con un saggio introduttivo di Oreste Macrì, che rimane tra i contributi fondamentali della critica quasimodiana. Il poeta intanto collabora alla principale rivista dell'ermetismo, la fiorentina "letteratura". Nel biennio 1939-40 Quasimodo mette a punto la traduzione dei Lirici greci che esce nel 1942 che, per il suo valore di originale opera creativa, sarà poi ripubblicata e riveduta più volte. Sempre nel 1942 esce "Ed è subito sera". Nel 1941 gli viene concessa, per chiara fama, la cattedra di Letteratura Italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano. Quasimodo insegnerà fino all'anno della sua morte. Durante la guerra, nonostante mille difficoltà, Quasimodo continua a lavorare alacremente: mentre continua a scrivere versi, traduce parecchi Carmina di Catullo, parti dell'Odissea, Il fiore delle Georgiche, il Vangelo secondo Giovanni, Epido re di Sofocle (lavori che vedranno la luce dopo la liberazione). Quasimodo porterà avanti questa attività di traduttore anche negli anni successivi, parallelamente alla propria produzione e con risultati eccezionali, grazie alla raffinata esperienza di scrittore. Tra le sue numerosissime traduzioni: Ruskin, Eschilo, Shakespeare, Molière, e ancora Cummings, Neruda, Aiken, Euripide, Eluard (quest'ultima uscita postuma). Nel 1947 esce la sua prima raccolta del dopoguerra, "Giorno dopo giorno", libro che segna una svolta nella poesia di Quasimodo. La poesia di Quasimodo supera quasi sempre lo scoglio della retorica e si pone su un piano più alto rispetto all'omologa poesia europea di quegli anni. Il poeta, sensibile al tempo storico che vive, accoglie temi sociali ed etici e di conseguenza varia il proprio stile. La poesia simbolo di questa svolta, che inoltre apre la raccolta. è "Alle fronde dei salici". Nel 1949 esce "La vita non è un sogno", ancora ispirato al clima resistenziale. Nel 1950 Quasimodo riceve il premio San Babila e nel 1953 l'Etna-Taormina insieme a Dylan Thomas. Nel 1954 esce "Il falso e vero verde", un libro di crisi, con cui inizia una terza fase della poesia di Quasimodo, che rispecchia un mutato clima politico. Dalle tematiche prebelliche e postbelliche si passa a poco a poco a quelle del consumismo, della tecnologia, del neocapitalismo, tipiche di quella "civiltà dell'atomo" che il poeta denuncia mentre si ripiega su se stesso e muta ancora una volta la sua strumentazione poetica. Il linguaggio ridiventa complesso, più scabro e suscita perplessità in quanti vorrebbero il poeta sempre uguale a se stesso. Segue nel 1958 un antologia della Poesia italiana del dopoguerra; nello stesso anno compie un viaggio in URSS nel corso del quale venne colpito da infarto, cui segue una lunga degenza all'ospedale Botkin di Mosca. Il 10 dicembre 1959, a Stoccolma, Salvatore Quasimodo riceve il premio Nobel per la Letteratura. Al Nobel seguirono moltissimi scritti e articoli sulla sua opera, con un ulteriore incremento delle traduzioni. Nel 1960 l'Università di Messina gli conferisce la laurea honoris causa oltre alla cittadinanza onoraria dallo stesso comune. La sua ultima opera, "Dare e avere" è del 1966: si tratta di una raccolta che è un bilancio della propria vita, quasi un testamento spirituale (il poeta sarebbe morto appena due anni dopo). Nel 1967 è l'Università di Oxford a conferirgli la laurea honoris causa. Colpito da ictus ad Amalfi, dove si trovava per presiedere un premio di poesia, Quasimodo muore il 14 giugno 1968, sull'auto che lo sta accompagnando a Napoli. (Da: www.biografieonline.it)

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BERTOLD BRECHT 1898 - 1958

Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augsburg (in Baviera) da famiglia benestante (è il figlio, infatti, dell'amministratore delegato di un'importante impresa industriale). Compie a Monaco le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore: il suo esordio è fortemente influenzato dall'Espressionismo. Presto aderisce allo schieramento marxista e sviluppa la teoria del "teatro epico" secondo cui lo spettatore non deve immedesimarsi durante la rappresentazione, ma deve cercare di mantenere una distanza critica, allo scopo di riflettere su quello che vede in scena. Da parte dell'autore, invece, canzoni, elementi parodistici e una sceneggiatura molto ben studiata devono essere utilizzate per creare un effetto di straniamento, un distacco critico. Nel 1928 Bertolt Brecht raggiunge un grande successo con la rappresentazione della ''Opera da tre soldi'', rifacimento del celebre dramma popolare inglese del '700 di J. Gay (la cosiddetta "Beggar's Opera"). I personaggi principali sono il re dei mendicanti che ne organizza il "lavoro" come un affare qualsiasi (e da cui ricava notevoli compensi), il criminale senza scrupoli Mackie Messer, che in fondo è un esempio di rispettabilità borghese, e il capo di polizia, un tipo marcio e corrotto. Brecht inscena qui una rappresentazione spettacolare, ricca di colpi di scena, con bellissime e graffianti canzoni e ballate scritte da Kurt Weill (che diventeranno tra le più celebri della sua eclettica produzione di compositore). In quest'opera, la differenza tra criminali e persone rispettabili sparisce del tutto, i soldi rendono tutti uguali, cioè corrotti. Critico nei confronti della società del tempo, Brecht aderisce come detto al marxismo e nel 1933, quando sale al potere il nazismo, è costretto a lasciare la Germania. Peregrina per 15 anni attraverso molti paesi ma dopo il 1941 si stabilisce negli Stati Uniti. Alla fine del conflitto mondiale, diventato sospetto alle autorità americane per le sue polemiche politiche e sociali, lascia gli Stati Uniti e si trasferisce nella Repubblica Democratica Tedesca, a Berlino, dove fonda la compagnia teatrale del ''Berliner Ensemble'', tentativo concreto di realizzare le sue idee. In seguito, l'"ensemble" diventerà una delle più affermate compagnie teatrali. Nonostante le sue convinzioni marxiste, comunque, è spesso in contrasto con le autorità della Germania dell'est. Brecht è autore di numerose poesie che possono considerarsi tra le più toccanti della lirica tedesca novecentesca. La sua scrittura poetica è diretta, vuole essere utile, non ci porta in nessun mondo fantastico o enigmatico. Eppure ha un fascino, una bellezza a cui è difficile sottrarsi. L'Enciclopedia Grazanti della Letteratura scrive, a proposito: "Anche l'opera di Brecht lirico, forse anche più alta di quella teatrale, ha le sue radici nel linguaggio drammatico; e per questo è tanto spesso monologo, ballata, Lied. Ma è anche urto di affermazioni, dialettica abbreviata. Più la parola è nuda, corrente, oltraggiosamente "prosastica", più riceve dalla violenza dell'illuminazione cui è sottoposta la capacità di giungere all'incandescenza.(Da: www.biografieonline.it)

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GIUSEPPE BERTO 1914 - 1978

Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27 dicembre 1914, secondo di cinque figli, da un maresciallo dei carabinieri in congedo. Compiuti gli studi liceali nel locale collegio dei Salesiani e nel Liceo di Treviso, si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova, e studia con maestri quali Concetto Marchesi e Manara Valgimigli. Ben presto parte volontario per l’Africa Orientale, partecipando alla guerra di Abissinia, nel 1935, e combattendo come sottotenente in un battaglione di truppe di colore si guadagna un paio di medaglie al Valore Militare e qualche ferita. Tornato in patria, nel 1939, riprende gli studi e si laurea abbastanza in fretta “anche per la benevolenza di certi esaminatori che gradivano il fatto che si presentava agli esami in divisa, ostentando le decorazioni al Valore Militare”, come lui stesso racconta nel “Male oscuro”. Dopo la laurea insegna, prima Latino e Storia in un Istituto Magistrale, poi Italiano e Storia in un Istituto Tecnico per Geometri, ma ben presto lascia l'insegnamento e si arruola nella Milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale. Inviato a combattere in Africa Settentrionale, dopo essere stato incorporato nel 6° Battaglione Camicie Nere "M", i fedelissimi di Mussolini, cade prigioniero il 13 maggio 1943 degli americani. E’ proprio durante la prigionia nel campo di internati in Texas che Berto inizia a scrivere. Ha come compagni di prigionia Dante Troisi, Gaetano Tumiati e Alberto Burri, che lo incoraggiano a scrivere nella rivista "Argomenti". Lì compone “Le opere di Dio” e “Il cielo è rosso”; quest’ultimo romanzo, pubblicato da Longanesi nel 1947, su segnalazione di Giovanni Comisso, diviene rapidamente un successo internazionale dopo aver vinto nel 1948 il Premio Firenze. Escono, poi, nel 1948 “Le opere di Dio”, e nel 1951 “Il brigante”. Trasferitosi a Roma, comincia a lavorare per il cinema: in questo periodo escono nel 1955 “Guerra in camicia nera” e nel 1963 il volume di racconti “Un po’ di successo”. Berto nel 1958 cade in una grave forma di nevrosi, ne uscirà dopo tre anni di analisi quando compone “Il male oscuro”, che vince contemporaneamente nel 1964 il Premio Viareggio e il Premio Campiello. Si aggiungono poi il dramma “L’uomo e la sua morte” (1963), “La Fantarca” (1964), e il romanzo “La cosa buffa” (1966). Nel 1971 scrive il pamphlet “Modesta proposta per prevenire” e il lavoro teatrale “Anonimo Veneziano”, ripubblicato come romanzo nel 1976. Con la favola ecologica “Oh, Serafina!” vince nel 1974 il Premio Bancarella. Dal dramma “La passione secondo noi stessi”, Berto matura l’idea portante del suo ultimo libro “La gloria” del 1978. Si spegne a Roma il 1 novembre 1978. E’ sepolto a Capo Vaticano.(Da: www.giuseppeberto.it)

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KARL BRUCKNER 1906 - 1982

Figlio di un tipografo, è cresciuto nel sobborgo popolare viennese di Ottakring dove ha lavorato a lungo come meccanico. Ancora molto giovane è emigrato in Brasile, dove è rimasto fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ha iniziato a scrivere nel 1946, e ha viaggiato in tutto il mondo. Sempre impegnato per la pace, per il dialogo internazionale e per la giustizia sociale, ha scritto indimenticabili libri per ragazzi. Il suo romanzo più noto, Il gran sole di Hiroscima, ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti.(Da: www.giunti.it)

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MARIO LODI 1922 - 2014

Maestro, scrittore e pedagogista, nato a Vho di Piadena nel 1922. Dopo aver ottenuto il diploma magistrale, è entrato in contatto con il Movimento di Cooperazione Educativa, un gruppo di insegnanti ed educatori con l’obiettivo di adeguare l’insegnamento nella scuola pubblica ai principi della Costituzione repubblicana. In ventidue anni d’insegnamento ha scritto molti libri: fiabe e racconti (Bandiera, Cipì, La mongolfiera) ma anche opere basate sulle sue esperienze pedagogiche (Il Paese sbagliato, Cominciare dal bambino, La scuola e i diritti del bambino). Dopo essere andato in pensione, Lodi ha continuato la sua attività in campo educativo e nel 1989 ha ottenuto il Premio Internazionale Lego. Con i soldi del premio, Lodi ha fondato La Casa delle Arti e del Gioco, un laboratorio dove si sperimentano tutti i linguaggi dell’uomo. Dopo numerose pubblicazioni e collaborazioni prestigiose nel marzo 2006 gli è stato assegnato il Premio Unicef 2005 Dalla parte dei bambini. Mario Lodi si è spento nella sua casa di Drizzona il 2 marzo 2014.(Da: www.giunti.it)

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MANIFESTAZIONE AEREA BARACCA 6 LUGLIO 1957

Il 6 luglio 1957 Sabato 6 luglio, presente il Presidente Gronchi, duecentocinquantamila spettatori affollano l'aeroporto: il passaggio di due RF-84F della 3^ Aerobrigata per una "strisciata" fotografica, segnano l'inizio della manifestazione che ebbe il seguente programma: Programma: aerostato con la scritta Forlanini esibizione Fiat G.59 esibizione di 12 jets: 4 "F-84F", 4 "F-86K", 4 "RF-84F" presentazione in (da sinistra a destra): "G. 82", "Vampire", G. 59", "S 7", "G. 46", "MA 416" sorvolo dei velivoli del Soccorso aereo con il "Cant Z.506" e il "Piaggio 136" passaggio in formazione di di 4 "T-33", 4 "G.82", 4 "T-6", 4 "G.59" delle Scuole di Volo lezione di volo in coppia su 2 "T-6", portati da un istruttore e da un allievo esibizione di 7 alianti "Canguro" aliante del te. col. Adriano Mantelli (programma acrobatico e atterraggio di precisione davanti le tribuna) esibizione Pattuglia acrobatica spagnola "Ascula" su 4 "F-86F" esibizione "Patrouille de France" su 4 "Mystère IV-A" (oltre alle classiche figure acrobatiche, la formazione francese esegue la ; un'apertura a ventaglio di fronte al pubblico con inserimento di fumogeni mentre il velivolo di riserva, in attesa in alta quota, si butta in picchiata ed esegue il "bang") presentazione in volo del caccia "Sagittario II" (primo velivolo supersonico dell'industria aeronautica italiana) esibizione pattuglia acrobatica turca "White Swans" su 4 "F-84G" esibizione velivolo "Piaggio 149" ai comandi del t.col. V. Pezze' esibizione pattuglia acrobatica inglese "Black Arrows" su 5 "Hunter" esibizione di sette elicotteri Agusta Bell "47J" esibizione della pattuglia acrobatica del "Cavallino Rampante" su 4 "F-86E" decollo su allarme con l'ausilio dei razzi "jato" di 1 "F-84F", 1 "RF-84F" e 1 "F-84G" lancio di paracadutisti dai "vagoni volanti" passaggio della super pattuglia formata da 16 "F-84F" decollati da Villafranca

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BERTOLT BRECHT, L’abicì della guerra, Torino, Einaudi, 1972, p. 19.

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GENERALE, IL TUO CARRO ARMATO È UNA MACCHINA POTENTE Spiana un bosco e sfracella cento uomini. Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista. Generale, il tuo bombardiere è potente. Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante. Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico. Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare



BERTOLT BRECHT, Poesie di Svendborg, traduzione di Franco Fortini, Torino, Einaudi, 1976, rispettivamente p. 37 e p. 21. Si riporta il testo originale: «Mein Bruder war ein Flieger, / Eines Tags bekam er eine Kart, / Er hat seine Kiste eingepackt, / Und sündwärts ging di Fahrt. // Mein Bruder ist ein Eroberer, / Unserm Volke fehlt’s an Raum, / Und Grund und Boden zu Kriegen, ist / Bei uns ein alter Traum. // Der Raum, den mein Bruder eroberte, / Liegt im Quadaramamassiv, / Er ist lang ein Meter achtzig / Und einen Meter fünfzig tief.»; «GENERAL, DEIN TANK IST EIN STARKER WAGEN // Er bricht einen Wald nieder und zermalmt hundert Menschen. / Aber er hat einen Fehler: / Er braucht einen Fahrer. // General, dein Bombenflugzeug ist stark. / Es fliegt schneller als ein Sturm und trägt mehr als ein Elefant. / Aber es hat einen Fehler: / Es braucht einen Monteur. / General, der Mensch ist sehr brauchbar. / Er kann fliegen, und er kann töten. / Aber er hat einen Fehler: / Er kann denken.»

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GENERALE, IL TUO CARRO ARMATO È UNA MACCHINA POTENTE Spiana un bosco e sfracella cento uomini. Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista. Generale, il tuo bombardiere è potente. Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante. Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico. Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare



BERTOLT BRECHT, Poesie di Svendborg, traduzione di Franco Fortini, Torino, Einaudi, 1976, rispettivamente p. 37 e p. 21. Si riporta il testo originale: «Mein Bruder war ein Flieger, / Eines Tags bekam er eine Kart, / Er hat seine Kiste eingepackt, / Und sündwärts ging di Fahrt. // Mein Bruder ist ein Eroberer, / Unserm Volke fehlt’s an Raum, / Und Grund und Boden zu Kriegen, ist / Bei uns ein alter Traum. // Der Raum, den mein Bruder eroberte, / Liegt im Quadaramamassiv, / Er ist lang ein Meter achtzig / Und einen Meter fünfzig tief.»; «GENERAL, DEIN TANK IST EIN STARKER WAGEN // Er bricht einen Wald nieder und zermalmt hundert Menschen. / Aber er hat einen Fehler: / Er braucht einen Fahrer. // General, dein Bombenflugzeug ist stark. / Es fliegt schneller als ein Sturm und trägt mehr als ein Elefant. / Aber es hat einen Fehler: / Es braucht einen Monteur. / General, der Mensch ist sehr brauchbar. / Er kann fliegen, und er kann töten. / Aber er hat einen Fehler: / Er kann denken.»

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Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto, dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all’altro fratello: «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore7



SALVATORE QUASIMODO, Uomo del mio tempo, in ID., Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 2004, p. 146.

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GIUSEPPE BERTO, Il cielo è rosso, Milano, Longanesi, 1965, p. 57.

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GIUSEPPE BERTO, Il cielo è rosso, Milano, Longanesi, 1965, p. 58.

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WILLIAM BUTLER YEATS 1865 - 1939

Poeta irlandese è stato uno dei grandi protagonisti della poesia tra Ottocento e Novecento. Attratto dalle leggende irlandesi e dalle scienze occulte, Yeats elaborò un complesso simbolismo, misto di elementi celtici e teosofici. La sua produzione teatrale e quella poetica volsero, nella fase più matura, verso accenti maggiormente legati alla realtà. Fu insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1923. Il paese d'origine della madre, Sligo, dove si recava da Londra per le vacanze, esercitò grande fascino sul giovane Yeats. Stabilitosi in Irlanda con la famiglia (1880), frequentò per tre anni la scuola d'arte, influenzato dalle idee del padre pittore. Conosciuto G. W. Russell, iniziò con lui gli studi di occultismo e fondò nel 1885 una Hermetic Society. In questi stessi anni si avvicinò al movimento nazionalistico irlandese. Nel 1886 iniziò il poema basato su antiche leggende irlandesi, The wanderings of Oisin and other poems; nel 1887, trasferitosi a Londra, entrò in contatto con gli estetisti decadenti e con i circoli teosofici. Sono di quegli anni Fairy folk tales of the Irish peasantry (1888) e Representative Irish tales (1890). Nel 1891 fondò la Irish literary society a Londra e nel 1892 la National literary society a Dublino. Nello stesso anno pubblicò Countess Cathleen, dramma in cui abbondano preziosismi preraffaelliti ed è palese l'interesse per le scienze occulte. Questo è testimoniato anche dall'edizione delle opere di Blake (1893, in collab. con F. J. Ellis) e dal dramma The land of heart's desire (1894). L'incontro con Lady Gregory nel 1896 accentuò gli interessi politici di Yeats che divenne una delle figure più importanti del rinascimento celtico: nel 1899 inaugurò l'Irish Literary Theatre. In quegli anni attraverso la frequentazione di circoli rosacrociani e la lettura dei simbolisti francesi venne formando il suo complesso simbolismo, misto di elementi celtici e teosofici. Nel 1895 ristampò rivedute le liriche di Oisin e Cathleen col titolo Poems; nel 1899 una nuova raccolta, The wind among the reeds. Intanto la sua produzione teatrale, dopo The shadowy waters (1900) e Cathleen in Houlihan (1902), subì una svolta radicale con i drammi sul mitico eroe irlandese Cuchulain (On Baile's strand, 1903; Deidre, 1907; The unicorn from the stars, 1908; The green helmet, 1910); Y. appare distaccato dall'esperienza preraffaellita e intento a ricercare un linguaggio più misurato e aderente alla realtà. Lo stesso mutamento si avverte nelle poesie (In the seven woods, 1903). L'amicizia con E. Pound (di cui fu segretario dal 1913 al 1916), l'insurrezione irlandese del 1916, lo scoppio della prima guerra mondiale e il matrimonio sono esperienze che si riflettono nelle opere dell'ultimo periodo. Responsibilities (1914) e la seconda ed. di The wild swans at Coole (1919) segnano tappe importanti nella sua opera. Nel 1922, proclamato lo Stato libero d'Irlanda, fu eletto senatore; nel 1923 l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura lo consacrò tra le grandi voci della poesia del Novecento. Tra gli ultimi scritti si ricordano: Michel Robartes and the dancer (1920); Plays for dancers (1921); Autobiographies (1926); e i due volumi di versi The tower (1928) e The winding stair (1933).(Da: www.treccani.it)

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TRILUSSA 1871 - 1950

Pseudonimo anagrammatico del poeta in dialetto romanesco Carlo Alberto Salustri. Autore di sonetti, nei quali raffigurò la Roma borghese e piccolo borghese, Trilussa abbandonò assai presto, quasi completamente, questa forma espressiva, per passare alla creazione, intorno al 1907, d'un tipo di favola che, nella prima idea, avrebbe dovuto essere una sorta di parodia delle favole classiche, ma si sciolse subito in libere invenzioni, metricamente sempre più variate. Tra le raccolte: Quaranta sonetti romaneschi (1895), Ommini e bestie (1914), Lupi e agnelli (1919). Cominciò a pubblicare qualche sonetto intorno al 1890 sul Don Chisciotte e sul Messaggero, del quale poi fu a lungo collaboratore; alla sua prima raccolta (Quaranta sonetti romaneschi), seguirono Altri sonetti (1898), Caffè-concerto (1901), Er Serrajo (1903), ecc. Il Trilussa dei sonetti concentra la sua attenzione sulla cronaca spicciola della Roma borghese e piccolo-borghese, non solo per cogliere il contrasto fra le apparenze e la verità della vita e della società, ma per esemplarlo o tipizzarlo in situazioni, figure e macchiette, con spirito caustico e insieme divertito, scettico e pur venato a momenti d'una malinconia crepuscolare. Questa tendenza a tipizzare portò ben presto Trilussa all'apologo e alla favola: la quale, fu ben presto caratterizzata da libere invenzioni a fondo realistico sotto la convenzionalità degli emblemi. La sua poesia si venne così affrancando metricamente dal sonetto (di eredità belliana) in forme sempre più variate, e insieme semplificandosi nel lessico, col ridursi del dialetto a inflessione o sottolineatura ironica, a contrappunto gergale della sua ispirazione moraleggiante (oltre a Ommini e bestie e Lupi e agnelli: Nove poesie, 1910; Le storie, 1913; Le cose, 1922; La gente, 1927; Libro numero nove, 1929; Giove e le bestie, 1932; Libro muto, 1935; Acqua e vino, 1944-45). Trilussa compose anche alcune novelle e illustrò o meglio "pupazzettò" qualche suo libro (Duecento sonetti, 1937). Postuma è la raccolta di Tutte le poesie (a cura di P. Pancrazi e L. Huetter, 1951).(Da: www.treccani.it)

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