Nasce con l’uomo il desiderio di sollevarsi dal suolo e realizzare così la naturale aspirazione all’infinito, l’innata curiosità dell’ignoto, la vocazione all’oltre e all’altro per ovviare
alla consapevolezza dolorosa del proprio limite, causa prima e fondamentale, come sostiene il Leopardi, dell’infelicità del genere umano. Si legga al proposito
La storia del genere umano, l’operetta morale del 1824, introduttiva alla raccolta, nella quale è
chiarito senza possibilità d’appello che l’inquietudine umana nasce dalla «natura propria degli uomini», infelici ogni qual volta si rendono conto di aver visto tutto, di non
avere altri spazi da esplorare, altri confini da superare e «bramando sempre e in qualunque stato l’impossibile, tanto più si travagliano con questo desiderio da sé medesimi, quanto
meno sono afflitti dagli altri mali». (G. Leopardi, Operette morali, introduzione e note di Saverio Orlando)
L’immagine del volo è tradizionalmente legata all’attività d’arte quale prodotto per eccellenza dello spirito dell’uomo e quindi testimonianza di una sua natura ultrasensibile che aspira a tradursi in atto. La metafora del volo è stata applicata alle esperienze umane più schiettamente spirituali: oltre alle forme d’arte e di fede, all’amore, alle capacità della mente e alle sue grandi scoperte e invenzioni.
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Video: Dedalo e Icaro da Metamorfosi, di Ovidio. Voce di Francesco Di Lauro
Dallo spettacolo Volare, Bovolone, febbraio 2017
La Fama
Le Erinni
Le Arpie
Giacomo Leopardi
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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007