Il XIX secolo si chiude con l’incidente aereo mortale di Salomon August Andrée (1850-1897) sulla calotta polare e con la morte di Otto Lilienthal, precipitato da un’altezza di quindici metri dopo oltre
2000 voli in aliante. Latham affonda nel tentativo di attraversare la Manica, Geo Chavez (1887-1910) muore nel valicare le Alpi. Giovanni Pascoli dedica al primo un commosso componimento poetico nel quale rappresenta
Andrée al culmine della sua impresa eroica. L’uomo è solo, nell’immota eterna immensità celeste è sopraffatto dall’emozione del traguardo raggiunto: «in un miraggio / subito, immenso, annunziò: Son giunto!».
Tutto, intorno a lui, sembra cantare la sua gloria, ma la poesia, con elementi tipici pascoliani: i simboli funebri del suono delle campane e il muoversi delle porte, le misteriose voci dallo spazio, l’universo stellare,
annuncia il sopraggiungere insidioso della morte proprio sull’onda della conquistata meta.
Riconoscendo nella produzione poetica del Pascoli la presenza costante del tema della morte e considerando invece assai poco
pascoliana l’ispirazione poetica di tipo celebrativo, si osservi che, in questo caso, l’eroe è speciale e tale da essere raffigurato come possibile vincitore della morte, che appare qui come trapasso verso un al di
là confortato dall’immortalità della fama, dalla riconoscenza dei vivi, privo delle miserie umane. La poesia, divisa in tre parti dalla tonalità onirica prevalente, è orchestrata, entro un’atmosfera densamente simbolica,
in un crescendo d’attesa fino alla concentrazione sulla figura dell’eroico «uomo alato» che il poeta arricchisce del principale significato allegorico assegnatoli dall’arte: la sfida al limite, la vocazione ad andare
oltre i condizionamenti, la concorrenza al divino, il viaggio verso l’estremità del mondo.
(Pascoli, Andrèe)
Se è vero che il sentimento del morire incalza di continuo l’immaginazione poetica pascoliana, nessun’altra impresa, meglio che quella aviatoria, offre al poeta romagnolo il destro di cantare in agguato la fine dell’esistenza, di rappresentarne la minaccia, ma
d’interpretare persino una laica rinascita nel mondo stellare, dove gli eroi spazieranno nel loro volo infinito. Certo, la conclusione dell’esistenza nel momento della sua più ambita realizzazione ha un significato quasi
sacrificale e così la interpreta il Pascoli sia in quest’inno ad Andrée, sia nell’ode a Chavez, il primo trasvolatore delle Alpi, che Luigi Barzini, nel suo
"Il volo che valicò le Alpi", definisce «uomo sospeso sulla morte».
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Video: Partono gli Aeroplani, Umberto Saba. Voce di Maurizio Garavaso
Dallo spettacolo Volare, Bovolone, febbraio 2017
Salomon Auguste Andrèe
Otto Lilienthal
Hubert Latham
Geo Chavez
Giovanni Pascoli
Luigi Barzini
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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007