La licenza nell’associare immagini a immagini, l’insaziabile scorazzare tra le più inattese sinestesie dà i seguenti esiti poetici: (vedi ipertesto). Le immagini galoppano sulla fantasia del futurista Sanzin, che parla con la voce del «motore in marcia». Uomo e macchina aspirano a fondersi in un nuovo «ritmo poderoso / di vita eroica». Nell’esaltazione dell’aeropoesia la macchina trasforma l’uomo in una sua appendice, egli si sveste dell’umanità che gli è propria, potenzia così sensazioni e percezioni meccaniche in una dimensione aerea lontana dalla materialità terrestre. Nuove divinità sono il motore e l’elica, l’albero motore e la coda dell’apparecchio; in secondo piano è confinato l’uomo che lo ha progettato grazie a risorse e prerogative ben diverse. Il brivido suggerito dall’incalzare delle azioni che aprono le singole strofe scorre su motivi ricorrenti dell’arte futurista: il movimento, la simultaneità, l’ebbrezza inebriante, la velocità aggressiva, la sfida, la vittoria, la libertà dalle usuali coordinate spazio-temporali. In tanta sovreccitazione vitalistica: «volare volare sempre» la morte viene esorcizzata attraverso metafore che azzerano «ogni idea melanconiconostalgica » ed escludono una vera sconfitta poiché l’aereo, in fin dei conti, rimarrà «sospeso sulla terra». In erotismo aereo la poetica delle analogie aeree conosce un momento di grazia entro un provocatorio scherzo erotico.

L’emozione del volo aereo è espressa pure in un alcune tavole parolibere del pittore Tullio Crali autore di Parole nello spazio. Si tratta di poesia visiva; il discorso, franto e fluttuante sulla pagina, reso con diversi caratteri tipografici, sembra sospeso in ordine sparso a suggerire ed evocare più che a descrivere o narrare. L’intenzione è di mettere il lettore, l’autore e l’apparecchio in piena sintonia, immersi nel vuoto di acrobazie fantastiche, emotive e tecniche tra buio, stelle, precipizi spaziali, interrogativi su Dio e sull’uomo. Il motivo dell’identificazione tra piloti e aeroplani si ritrova in Due, poesia di Lino Cappuccio che descrive da tardo futurista, in uno scoppiettante linguaggio tradizionale, una battaglia aerea durante la seconda guerra mondiale. Un caccia e un trimotore si affrontano, si muovono come attratti, sono cuori i loro motori «in rabbia» durante lo scontro.

Conclusasi l’aggressione, il caccia vincitore segue il trimotore e lo vede inabissarsi in mare. A questo punto il pilota recupera la propria individualità, si dissocia dalla furia e dal fascino tentacolare della macchina e si commuove per il nemico-fratello ucciso, il tono si distende nella narrazione.
Sopravvissuto per gioco del destino, il soldato aviatore, digiuno di certa enfasi oratoria sulla guerra, si addolora per la morte del fratello, sepolto nella carlinga-bara del suo aereo. Lo sente vicino e intravede il fantasma della morte che sta aspettando pure lui. In tono minore, rispetto a tante poesie citate, l’esaltazione per il volo umano si fa sentire ancora, anche dinanzi alla morte.

PAGINA 15

Udine,
20 - 27 agosto 1911

Marcella Mencherini, S55 in volo su Orbetello

Bruno Giordano Sanzin

Tullio Crali

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

UDINE GIORNATE AVIATORIE 1911

Dal 20 al 27 agosto 1911 si svolsero a Udine le giornate aviatorie.

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BRUNO GIORDANO SANZIN 1906 - 1994

Poeta futurista, a quattordici anni pubblica due articoli su il "Giornalino della domenica" di Vamba. L'anno dopo, 1921, legge il manifesto "Svegliatevi studenti d'Italia" avuto dal suo compagno di banco Umberto Martelli, amico a sua volta di Michele Leskovic (in arte Escodamè), uno dei tre redattori del manifesto. Entusiasta, scrive a Filippo Tommaso Marinetti per comunicargli la sua adesione al Futurismo e, nel dicembre 1921, fonda con Martelli il "Gruppo Futurista Studentesco"; i due curano dei notiziari futuristi su alcune riviste studentesche triestine. Nel Febbraio 1922, conosce Marinetti, che arriva in città per presentare al Politeama Rossetti il "Teatro della Sorpresa". Nel 1923 cura una rubrica futurista all'interno della rivista triestina "Italia Nova" e alla fine dell'anno entra in contatto con il goriziano Sofronio Pocarini, che fonda la rivista "L'Aurora" cui collaborerà fin dai primi numeri. Nel gennaio 1924 assiste con gli altri futuristi alla rappresentazione, al Politeama Rossetti, del "Nuovo teatro Futurista", finita con i soliti schiamazzi. Durante la cena che seguì lo spettacolo, Sanzin chiese a Marinetti una prefazione per il suo primo libro. Marinetti acconsentì e gli mandò la "Lettera aperta ai miei fischiatori triestini" pubblicata come introduzione al libro "Marinetti e il futurismo", stampato a Pola nel giugno dello stesso anno. Comincia così l'amichevole consuetudine dei rapporti tra Sanzin e Marinetti, che si protrarrà fino alla morte di quest'ultimo, nel 1944. In questi anni scrive molte "parole in libertà" e "tavole panoramiche" che pubblica sulle riviste "L'Aurora", "Energie Futuriste", "la Nuova Venezia" e "Originalità"; una sua lirica è pubblicata, unico testo italiano, sulla rivista berlinese "Der Sturm"; dal 1924 inizia la collaborazione con "Il Piccolo" di Trieste. Nel 1925 viene inserito da Marinetti con tre suoi lavori nell'antologia "I Nuovi Poeti Futuristi". Gli anni trenta sono i più importanti e prolifici della sua carriera letteraria. Nel 1931 organizza la prima mostra di pittura futurista a Trieste, inaugurata da Marinetti. L'anno seguente organizza sempre a Trieste, una mostra nazionale di fotografia futurista, di cui si ricorda il catalogo. Nel 1933 pubblica nelle Dizioni Futuriste di Poesia di Roma il suo libro più importante, "Infinito", con prefazione di Marinetti e copertina di Enrico Prampolini; nel 1935 segue "Accenti e Quote", parole in libertà con copertina e sei linoleum nel testo del grafico triestino Marcello Claris. Nel 1938 pubblica "Ottimismo ad ogni costo" il romanzo dell'urbanesimo; segue nel 1939 il saggio "Benedetta aeropoetessa aeropittrice futurista", e nel 1942 il poemetto "Fiori d'Italia" aeroprofumi futuristi.

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TULLIO CRALI 1910 - 2000

Tullio Crali nasce nel dicembre 1910 a Igalo, in Dalmazia (attuale Montenegro), ma ben presto la famiglia si trasferisce a Zara dove ha il primo, decisivo incontro con un aeroplano, un idrovolante che ammara proprio di fronte alla sua casa. A Gorizia, dove si trova dal ’22, frequenta l’Istituto Tecnico e comincia a dar prova delle sue capacità artistiche. Nel 1925 scopre il Futurismo leggendo il “Mattino Illustrato” di Napoli e al Movimento futurista egli rimarrà fedele per tutta la vita. Sono di questo periodo i suoi primi tentativi di pittura che firma con lo pseudonimo “Balzo Fiamma”. Risale al 1926 il suo approccio alla letteratura futurista reso possibile dallo scambio dei suoi libri scolastici con testi di Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Soffici e altri. Ben presto rompe gli indugi e scrive a Marinetti che lo accoglie “nella lotta futurista”. Questo incontro lo spinge ad affrontare un’intensa fase di sperimentazione artistica, favorita inoltre dall’incontro con S. Pocarini, fondatore del Movimento Futurista Giuliano; grazie a lui il giovane Tullio espone alla II Mostra Goriziana d’Arte. Gli anni Trenta iniziano con una delle sue opere più famose, “Le forze della curva” e con i contatti con i Gruppi futuristi; viene invitato alla Mostra dei “7 futuristi Padovani” e nel 1932 a quella degli Aeropittori Futuristi Italiani a Parigi e a Bruxelles con opere quali “Acrobazie aeree”, “Pilota da caccia”, “Ali tricolori”. Grazie ad alcuni professori che credono in lui e lo sostengono, riesce ad andare a Venezia per sostenervi la maturità artistica e successivamente a Roma per l’abilitazione all’insegnamento di materie artistiche. Ben attento ai profondi mutamenti della città e sollecitato dalla produzione artistica di Antonio Sant’Elia, il giovane Crali si dedica a progetti di architettura, in cui compaiono edifici dalle volumetrie audaci, ma funzionali e anticipatrici di soluzioni costruttive assolutamente attuali. In questi anni continua la sua affermazione come protagonista del Futurismo, dell’Aeropittura in particolare; volge inoltre la sua attenzione alla scenografia e alla moda, sia femminile sia maschile e indossa quotidianamente lui stesso l’ “abito sintetico” e la “camicia anticravatta”.

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da: EROTISMO AEREO
di Giordano Bruno Sanzin

aeronave fantasma annusare annusare la densità atmosferica prima di affidarsi all’invisibile pilastro che accompagna il suo viaggio su terre e su mari (su terre... su mari...) sgusciare scivolare la notte buia morbidamente lievemente prudenza leggerezza sofficità pantofole pianelle (sorelle gemelle) La licenza di utilizzo di questo e i motori? tacciono anch’essi per non turbare squilibrare quella pace calma calda gravida di languori (e i motori?) caccia di sensualità incatenata calma apparente? Si sente bruciare dal desiderio [...] vuoto d’aria svenimento precipitare 30 metri! risollevarsi pian piano sotto lo sforzo unito dei raggi lucenti insoddisfazione alterco a quota duecento rolla l’aeronave balbetta la luce bocciata per deficiente virilità «meglio farsi grattare il ventre dagli aghiformi fogliami dei pini!» fremito esasperazione della sensualità impagata «è preferibile farsi squarciare il sesso dal parafulmine eretto sul più alto campanile della città!» Chi mai si lagna? Chi non è soddisfatto? Chi non sa godere in questa notte pregna d’amore incontenibile? Chi? (il dirigibile fantasma è sparito) (forse non è mai esistito) (il sogno è finito) [...]

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DUE di Lino Cappuccio

Quasi sembrò che i due fossero attratti L’un contro l’altro da una forza ignota. Crepitò la mitraglia. Il trimotore Forati ebbe timoni e fusoliera, Scheggiata un’ala. I suoi tre cuori in rabbia Ruggirono più forte; l’altro, snello, Gli s’avventò sui fianchi ancora, e ancora Crepitò, crepitò la fulminante Mitraglia, sino a che l’aereo mostro Cercò uno scampo entro le nubi.

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DUE di Lino Cappuccio

Un oscuro dolore per la fine Del suo fratello avverso, dalle fiamme Avvolto là, nella carlinga-bara, Accolto da quel mare cimitero. Lo sente a sé vicino, ne intravede L’ombra grigia al fianco, rivestita Della tuta e del casco, e dietro lei Profilarsi il fantasma della morte Che gli dice: «A domani»

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BRUNO G. SANZIN, in Accenti e Quote, Trieste, autoedizione, 1935, pp. 69-71.

motore in marcia martellare accelerato di applausi fragorosi assordanti e brutali in fuga con gli echi alle calcagna di valle in valle a spegnersi esangui petto impennato a salire colpito e baciato dall’aria tormentata in vorticosa danza dall’elica impazzita turbinante su se stessacercando liberarsi sfuggire alla schiavitù dell’albero motore catena e vita scorrazzare nel cielo bevendo a sazietà la gioia turchina iniettata di biondo sorriso solare distruggere la pace la calma sterminata di un meriggio afoso costruendo geroglifici insolubili con acrobazie audaci da rabbrividire lanciare nei solchi profondi tracciati dalla velocità oltre la coda dell’apparecchio-lampo tutte le scorie della vigliaccheria umana ad annegarsi nel vuoto a stritolarsi al rinchiudersi delle muraglie aeree invisibili giustiziere proiettare sulla terra fangosa pennellate veloci di ombra: ingiuria ai lenti che non sanno aggrapparvisi e salire fin su a vivere intensamente lungimirando in corsa sfidare in gara il vento vincendo addomesticarlo a spolverare con scrupolosa cura ogni idea melanconico-nostalgica che minacciasse affiorare a interrompere il ritmo poderoso di vita eroica volare volare sempre .......... finché un giorno in cielo tempestoso scatterà un fulmine-spillo a trafiggere l’aereo che inchiodato sospeso sulla terra rimarrà: coleottero meccanico dell’era della macchina.

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