Per D'Annunzio Icaro è l'espressione dello spirito prometeico e della brama di conoscenza di cui è famoso simbolo letterario l’Ulisse dantesco. D’Annunzio s’identifica nel figlio di Dedalo dopo aver rivisitato la storia ovidiana alla luce del motivo superomistico e dei suoi principali effetti: il disdegno della vita comune, l’ansia di gloria, la solitudine come distinzione, la sensualità esasperata, la volontà di ribellione. In questo senso egli è pronto, come Icaro che parla nella poesia, a osare tutto fino all’ossessione autodistruttiva, all’azione eroica di avvicinamento al Sole che sarà mortale. Il poeta si considera dunque, all’inizio del Novecento, novello Icaro e rivendica a sé il merito di aver profetizzato e anticipato la realtà del volo umano.
Indubbiamente egli ne è l’eroico cantore e non si limita a questo poiché, trasformando l’arte in vita e questa in arte, valicherà, luminoso di gloria, i confini del cielo entro la carlinga di un aereo. Affascinato dall’«alta sorte» del figlio di Dedalo, si propone di ritentarne «il folle volo» come recita il sonetto preditirambico che, tra enfasi ed eloquenza, ricostruzione erudita e sonorità aulica, non manca, al suo avvio, di qualche dolcezza: Ardi! Un’ala sul mare è solitaria ...
L’ombra dello sfortunato giovane spazia per il mare Mediterraneo e d’Annunzio un giorno l’ha incontrata: ...L’ombra d’Icaro ancor pe’ caldi seni  Vestiti i panni d’Icaro, d’Annunzio interpreta la sua parte come meglio non potrebbe e vola sia nella scrittura sia nella realtà. Nel romanzo Forse che sì forse che no, datato lo stesso anno della morte di Chavez, insiste sul senso profondamente allegorico del volo come occasione liberatoria da ogni limite materiale e terreno in un clima di fantastica esaltazione. Sono gli anni dell’aeroplano, la nuova macchina diventa simbolo per eccellenza della vittoria sul finito e sul corruttibile, non è dunque cantata per la sua praticità o utilità nei viaggi, nel commercio, nella guerra. Nel romanzo dannunziano il volo del protagonista in aereo è un itinerario purificatore dalla corruzione e volgarità del mondo. Si compie in una dimensione temporale più che spaziale ed è prodigiosamente lungo:
Il volatore non vedeva più se non acque acque acque in una infinita e chiara solitudine senza turbamento senza mutamento, in cui gli pareva esser sospeso e immobile su le sue ali adeguate.
L’eroe volante ne uscirà ferito, ma, nella selvaggia solitudine della costa sarda sulla quale atterra, accanto alle acque che gli lambiscono la ferita al piede, rinascerà purificato. Paolo Tarsis «s’atterrò nel sogno e nel prodigio sicuro e lieve, dismemorato e inconsapevole, quasi al frangente dell’onda» e ... È interessante osservare quanto la rappresentazione letteraria del volo, proprio nel momento in cui questo diventa realtà e in un artista che dalla letteratura si leverà a praticarlo nella vita, conservi il carattere fortemente allegorico che la contraddistingueva quando rappresentava solo un sogno intellettuale e un’aspirazione all’infinito, o un gioco straordinario del meraviglioso magico.

PAGINA 9

Firenze,
7-14 maggio 1911

Tullio Crali, Assalto di Motori, 1968

Gabriele D'Annunzio

Icaro

Dedalo

Geo Chavez

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

GARE D'AVIAZIONE DI FIRENZE 1911

La manifestazione aviatoria si svolse dal 7 al 14 maggio 1911 al Campo di Marte.

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GABRIELE D'ANNUNZIO 1863 - 1938

Gabriele D’Annunzio nasce nel 1863 a Pescara in una famiglia borghese e agiata, che lo ricoprì di attenzioni, anche per la sua precocità intellettuale. Compie ottimi studi liceali e ancora collegiale, pubblica la prima raccoltine poetica , Primo vere, che suscita grande interesse. Dal 1881 si trasferisce a Roma, iscrivendosi alla facoltà di lettere. Ma la vita brillante della capitale distoglie l’ambizioso provinciale dagli studi regolari: fecondo poeta e prosatore, frequentatore dell’alta società, D’Annunzio non prenderà mai la laurea. Nel 1883 sposa la principessa Maria Hardouin di Gallese, da cui avrà tre figli. Tra il 1884 e il 1888 è cronista mondano: ciò costituisce per lui un utile esercizio stilistico su situazioni eleganti e frivole, poi sviluppate nel primo e fortunato romanzo, Il piacere. E’ ormai affermatissimo come scrittore. Un nuovo legame con la contessa Maria Gravina, gli dà altri due figli, tra cui la prediletta Renata , che D’Annunzio soprannomina gentilmente “la Sirenetta”. Nasce l’amore intenso e tumultuoso con la grande attrice teatrale Eleonora Duse. Nel 1897 è eletto deputato per l’estrema destra, ma nel marzo 1900, dopo la repressione del governo Pelloux seguita ai tumulti popolari milanesi, passa clamorosamente a sinistra. Dal 1898 si stabilisce con la Duse in Toscana. In questo periodo nascono alcune tra le sue opere maggiori, in prosa (il romanzo Il fuoco) e in poesia (il ciclo delle Laudi). Chiuso l’amore con la Duse, altre burrascose relazioni si susseguono e si intrecciano senza intervallo. Soverchiato dai debiti e assediato dai creditori, nel 1910 ripara in Francia. Nel 1915 rientra in Italia ed è tra i più fervidi interventisti. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, nonostante sia più che cinquantenne, prende servizio al fronte, mosso dall’ambizione di svolgere in ogni circostanza il ruolo del superuomo. S’impegna poi in molte azioni di guerra rischiose: l’incursione aerea su Pola, il volo su Vienna, ma soprattutto, occupa Fiume. Conclusa l’avventura di Fiume si sposta in una villa di Gardone Riviera. Qui resta sino alla morte, nominato nel 1924 dal re, su proposta di Mussolini, principe di Montenevoso. La villa viene ingrandita e via via trasformata in una casa-museo. E’ il fastoso “Vittoriale degli Italiani”, che D’Annunzio donerà allo Stato. Muore il 1° marzo 1938, stroncato da un’emorragia cerebrale. (da: http://www.parafrasando.it/BIOGRAFIE/D_Annunzio_Gabriele.html)

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ICARO

Mitico figlio di Dedalo e di Naucrate, schiava di Minosse. Rinchiuso con il padre nel labirinto di Creta, fuggì volando con le ali che Dedalo aveva adattato con la cera al proprio corpo e a quello del figlio. Ma, avvicinatosi troppo al Sole, la cera si sciolse e Icaro cadde nel mare che da lui fu detto Icario. Secondo un’altra versione, Dedalo era fuggito da Atene, dopo aver ucciso per gelosia d’arte il nipote Talo, e Icaro, anch’egli bandito, si mise alla sua ricerca, ma fece naufragio presso Samo (e il mare prese nome da lui) e il suo corpo, rigettato sulla spiaggia dell’isola di Icaria, fu sotterrato da Eracle. Icaro talvolta è detto inventore dei lavori in legno. (www.treccani.it)

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DEDALO

Dedalo, era nato ad Atene ed era pronipote di Eretteo, re della città. Si dedicò alla scultura e all'architettura, era abilissimo in ciò che faceva; si narra che le sue statue sembravano vive a tal punto da raccontare che esse aprivano gli occhi e si muovevano. A Dedalo sono attribuite le invenzioni dell'ascia, la sega, il trapano, il passo della vite, l'archipenzolo. E' stato maestro di suo nipote Talo, figlio di una sua sorella, che uccise per gelosia quando Talo superò il maestro nella sua arte. L'Areopago, il tribunale, lo condannò all'esilio perpetuo; Dedalo si rifugiò a Creta dove fu accolto benevolmente dal re Minosse che gli commissionò il Labirinto per rinchiudere il Minotauro. A Dedalo, si rivolse Arianna, la figlia di Minosse, per sapere come aiutare Teseo a uccidere il Minotauro e uscire dal Labirinto, e come sappiamo il consiglio del filo riuscì a far trinofare Teseo nell'impresa. Quando Minosse venne a sapere che ad aiutare sua figlia e Teseo fu Dedalo, e non potendo prendersela con la figlia fuggita insieme all'eroe, pensò di punire Dedalo, rinchiudendolo insieme al figlio, Icaro, nel Labirinto, che egli stesso aveva progettato. L'unico modo per uscire dal Labirinto era evadere volando; ingegnoso come era, Dedalo costruì due paia di ali, uno per sè e l'altro per il figlio. Si raccomandò con Icaro di restargli sempre dietro durante il volo, di non strafare e soprattutto di stare attento a non avvicinarsi troppo ai raggi del sole perchè, le ali, attaccate alle spalle con della cera, potevano staccarsi in quanto il calore avrebbe sciolto la cera. Come non detto, Icaro durante il volo, provando piacere si allontanò dal padre e raggiunse i raggi del sole che sciolsero la cera e lo fecero precipitare nel mare, dove morì. Dedalo triste e desolato, atterrò in Campania a Cuma, dove costruì un tempio al dio Apollo, consegnando le ali che aveva inventato per evadere dal Labirinto di Creta.

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JORGE CHAVEZ DARTELL "GEO" 1887 -1910

Geo Chavez nasce a Parigi 13 giugno 1887 e viene iscritto al consolato del Perù come Jorge Chavez Dartell. Al battesimo, il nome spagnolo viene francesizzato in George, da cui deriva il diminutivo Geo. Nel gennaio del 1910 entra alla scuola per aviatori di Henri Farman e il 7 febbraio compie il primo volo. Una settimana dopo è già pronto per superare le tre prove per ottenere il brevetto di pilota aviatore. Il 2 marzo sale a 510 metri di altezza con un biplano Farman. (A quel tempo il record era detenuto dall'aviatore Paulhan con 1269 metri). Nel mese di luglio, prima delle manifestazioni aeree di Reims decide di acquistare un Bleriot XI, convinto che i monoplani siano più adatti alle gare di altezza. Sale a 1150 metri e discende a motore spento in soli 2 minuti. Nel mese di settembre a Issy lex Moulineaux ottiene il record mondiale: raggiunge quota 1680 metri pilotando il suo nuovo velivolo. Il 23 settembre, in occasione del Circuito aereo internazionale di Milano, effettua la traversata delle Alpi in 44 minuti e 56 secondi. Batte il record di percorrenza tra Briga e Domodossola e migliora di oltre 20 minuti il record ottenuto in treno passando per il tunnel del Sempione (1 ora e 7 minuti). Quattro giorni dopo, a seguito dei traumi riportati durante l'atterraggio, muore all'ospedale di Domodossola a soli 23 anni.

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da: Ditirambo IV di Gabriele D'Annunzio

Ardi! Un’ala sul mare è solitaria. Ondeggia come pallido rottame. E le sue penne, senza più legame, sparse tremano ad ogni soffio d’aria. Ardi, veggo la cera! È l’ala icaria, quella che il fabro della vacca infame foggiò quando fu sera nel reame del re gnòssio per l’opera nefaria. Chi la raccoglierà? Chi con più forte Lega saprà rigiugnere le penne Sparse per ritentare il folle volo? Oh del figlio di Dedalo alta sorte! Lungi dal medio limite si tenne Il prode, e ruinò nei gorghi solo

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da: Ditirambo IV di Gabriele D'Annunzio

L’ombra d’Icaro ancor pe’ caldi seni del Mar Mediterraneo si spazia. Segue di nave solco che più ferva. Ogni rapidità di venti agguaglia. Voce d’uom che comandi ama nel turbine. Ode clamor di naufraghi iterato E n’ha disdegno, ché silenzioso Fu quel rimoto suo precipitare Io la vidi laggiù, verso l’occaso. [...] Quasi il color marino aveano assunto Le sue membra, ma gli occhi eran solari. [...] «costui» dissi «è l’antico fratel mio. Le sue prove amo innovare io nell’ignoto. Indulgi, o Invitto, a questa mia d’altezze e d’abissi avidità!

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FORSE CHE SI FORSE CHE NO
di Gabriele D'Annunzio
Milano, 1909

Forse che sì forse che no segna allora il ritorno nel 1909 alla prosa narrativa, con una vicenda che si riallaccia da un lato ai temi dominanti (l’estetismo, il decadentismo, la suggestione superomistica) delle opere precedenti (come ne Le vergini delle rocce o ne Il fuoco), ma dall’altro sviluppa i nuovi interessi dannunziani, sempre con lo scrupolo di tener d’occhio le mode e le tendenze più attuali. La trama, non a caso, è ambientata nel mondo della nascente aviazione: il protagonista, Paolo Tarsis, vive una torbida e convulsa storia d’amore con Isabella Inghirami, cui presto s’aggiungono Vana, sorella di Isabella e innamorata di Paolo, ed Aldo, fratello delle due e coinvolto in una relazione incestuosa segreta con Isabella. Quando Vana svela a Paolo la natura dei rapporti tra l’amata e Aldo, il protagonista fa una scenata di gelosia ad Isabella, mentre nel frattempo la stessa Vana, ossessionata dalla passione non corrisposta, si suicida. Progressivamente, anche Isabella perde la ragione e Paolo può sfogare le sue forze solo nelle competizioni aeree: dopo aver trionfato in una gara aviatoria in cui perirà l’amico Giulio, egli riuscirà a compiere una rischiosa trasvolata dal Lazio alla Sardegna. Lo stile e la struttura quasi preannunciano la fase “notturna” a venire: la tendenza al frammento e l’insistenza sulle riprese ritmico-simboliche per far progedire la vicenda sono del resto in sintonia con ciò che D’Annunzio scriverà negli anni successivi.




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da: FORSE CHE SI FORSE CHE NO
di Gabriele D'Annunzio
Milano, 1909

Non clamore, non tuono di trionfo; non moltitudine pallida di facce, irta di mani. Silenzio selvaggio, erma gloria; e il mattino ancor fresco; e il respiro del mare fanciullo che le braccia della terra piegate blandivano; e la parola della segreta nutrice che sa la vita e la morte, e ciò che deve nascere e ciò che non può morire, e il tempo di tutto. «Figlio, non v’è dio se non sei tu quello»

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