Con
Partenza d'Aeroplani
sembra scherzare, Saba, prende in
effetti le distanze dall’euforia che lo circonda. Ammira, ma non riesce a
identificare l’uomo con la macchina e in tono scanzonato scrive A un
aviatore; rivolgendosi al pilota gli ricorda una difficoltà per certi aspetti
insormontabile:guarda e scrive:
Vai con macchina in alto, sì, ma ignoto
resta il gaudio del volo.
Non può chi va in barchetta dire: Io nuoto
Nel concludere il suo scherzo, il poeta è malizioso per non dire
maligno: il riduttivo «barchetta» dice già tutto. Spiegano, in parte,
l’atteggiamento di Saba questi altri versi da
Tutto il mondo
nelle Poesie
scritte durante la guerra nel Canzoniere apocrifo.
Si tratta d’una confessione sincera e provocatoria insieme. Certo il
triestino ha il gran dono della poesia, ma essa si nutre di silenzio e
insieme d’«ozio». Orgogliosamente consapevole di questo, egli non
cura altra fama se non quella che può venirgli dai versi, che soli, peraltro,
come scrive in varie occasioni, lo fanno «beato». Pur ‘sorvolando’ sulla
classica metafora poesia-volo, accennata dalle «ali» che aprono il terzo
verso, non si può tacere la lettura quanto mai originale e divertita che ne
dà Umberto Saba in una poesia della raccolta
Cose leggere e vaganti.
La scarsa simpatia per l'ardita aviazione è spiegata da Saba anche in un altro
componimento
..
Il destino volle comunque che proprio alle officine Caproni
Umberto Saba trovasse occupazione dopo la guerra; nella sua
poesia
ci
sono tracce anche di tale esperienza:
Con un certo distacco il sonetto, che si chiude su un ripiegamento
interiore tutto personale sotto il fragore degli aerei, racconta l’intensa
laboriosità delle officine aperte per la costruzione delle nuove macchine,
tra le quali si riconoscono già diversi modelli: oltre ai Caproni, volano
Bleriot, Voisin di Rouger, Cagno, Anzani, Cobianchi.
A un aviatore
s’intitola anche una poesia futurista di Libero
Altomare che ci riporta nel clima esaltante ed esaltato dell’aeropoesia
che non intende attardarsi su dubbiose prudenze e che veste d’impeto
guerresco le immagini.
Ardengo Soffici scrive
Aeroplano
; una fantasmagoria di parole colori suoni, a volte ironica, un pò filosofica con assaggi culturali e concessioni al contemporaneo culto della guerra. Tra gli anni Venti e Trenta la poetica futurista della simultaneità e
del dinamismo si afferma in ogni genere artistico. In poesia si
proclamano le parole in libertà, la fine della sintassi, dell’aggettivo, dei
segni d’interpunzione, l’uso del verbo all’infinito. Il flusso ininterrotto
di analogie sull’onda dell’«immaginazione senza fili» è un ‘volo’
continuo di percezioni sensoriali, tattili, visive, uditive, olfattive,
mentali.
PAGINA 14
Alessandro Bruschetti, Aeropaesaggio, 1932
Umberto Saba
Libero Altomare
Ardengo Soffici
Giovanni Battista Caproni
Alessandro Umberto Cagno
Mario Cobianchi
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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007