D’Annunzio volerà in altre occasioni, alcuni anni dopo. Saranno traguardi personali oltre che nazionali e dell’aviazione. In piena guerra mondiale, nel 1915, sorvola Trieste e lancia il suo messaggio di augurio per la liberazione della città; nel 1916 si prepara all’offensiva contro gli hangars di Parenzo, quindi, l’anno successivo, nel maggio, sale a bordo dei Caproni e si dedica a studi sull’efficienza dell’arma aerea inviando al generale Cadorna un dettagliato rapporto. Nello stesso ’17 vola su Pola e su Cattaro con animo di pilota, guerriero e poeta: L’anima si agguaglia agli elementi,...
Nel 1918, il 9 agosto, parte dal campo di San Pelagio, in Venezia Giulia, e raggiunge Vienna con i piloti della Serenissima; obiettivo del volo è una pioggia di manifesti sulla città austriaca. Partono undici apparecchi monoposto. Il velivolo di Palli porta, nell’incavo della lamiera del serbatoio di benzina, il seggiolino, la «seggiola incendiaria» per Gabriele d’Annunzio. I volantini lanciati sulla città dicono tra l’altro: «Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo. Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre nel cielo mattutino... Viva l’Italia».
Nel 1919, nell’anniversario dell’impresa, ricordandone i rischi, così parla il poeta aviatore: Chi di noi, compagni,...
D’un altro volo sopra il lago di Garda rimane la testimonianza della sua orazione qui di seguito riprodotta. Nei discorsi che d’Annunzio pronuncia davanti agli aviatori vibra tutta la sua anima poetica audace e fiera; sono parole cariche di vita e passione quelle che dedica ai compagni di Centocelle: Avevamo osato l’inosabile.
A tentare «l’inosabile» e tenere alto l’onore dell’aviazione italiana da guerra durante il primo conflitto mondiale, sia a Caporetto, sia nel corso della prima battaglia del Piave e nella grande battaglia aerea di Zenson, c’era Francesco Baracca, tanto apprezzato da d’Annunzio e destinatario del famoso inno, musicato da Balilla Pratella su testo di Paolo Buzzi. Un sonetto firmato Luigi Orsini testimonia il clima di ammirazione nazionale e patriottica intorno alla sua persona. Il titolo della poesia è Saluti di bimbi.

PAGINA 17

Record di quota
16 aprile 1913

Tato, Aeropittura 1930?

Gabriele D'Annunzio

Luigi Cadorna

Natale Palli

Luigi Orsini

Francesco Baracca

Balilla Pradella

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

L’anima si agguaglia agli elementi, diventa notturna e stellata. È sospesa tra cielo e acqua, come una sfera che sia piena a metà d’acqua e a metà di cielo. Il cuore è attraversato da una corrente melodiosa, come nel principio della creazione di un poema. Non sto per creare la mia avventura?

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NATALE PALLI 1896 - 1919

Ufficiale pilota italiano di Casale Monferrato. Durante la prima guerra mondiale guidò su Vienna (9 ag. 1918) la squadriglia "Serenissima", insieme con G. D'Annunzio. Medaglia d'oro al V. M., nel marzo 1919 cadde sulle Alpi, mentre tentava il primato del raid Padova-Parigi-Roma-Padova in un sol giorno

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Chi di noi, compagni, non rimpiange le notti e le albe che precedettero il «folle volo»? Veramente la vita era assottigliata come la fusoliera che ha tutte le sue linee disposte a secondare la penetrazione celere nella resistenza dell’aria. La medesima volontà ci affilava e ci aguzzava contro la fortuna, parendo affilare e aguzzare non soltanto gli spiriti ma gli aspetti. «Li miei compagni fec’io sì acuti» Non eravamo noi più acuti che i rematori nel legno d’Ulisse? [...] Partimmo. Arrivammo. Tornammo. La nostra prua, ferrata di volontà, aveva la potenza del cuneo. Avrebbe scisso la roccia, come fendeva la nuvola.
GABRIELE D’ANNUNZIO, L’ala d’Italia è liberata, Roma, La Fionda, 1919, pp. 68- 72

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Avevamo osato l’inosabile. Compagni, oseremo ancora l’inosabile. Basta che ci lascino osare, basta che ci lascino tentare le vie dell’Infinito, a noi che fummo le guardie alate del confine e i precursori aerei dei nostri eserciti. Di là da ogni confine, di là da ogni orizzonte, di là da ogni limite noto e ignoto: ecco il nuovo proposito. Una verità è manifesta. L’istinto icario, l’istinto umano del volo, che già travagliava l’inquietudine del Vinci e si rivelava nei disegni esatti e nei congegni reconditi, non s’è approfondito e non ha preso vigore e ardore in nessun’altra stirpe come nella nostra. [...] «Si vola! Si vola!» l’annuncio di oggi sotto il cielo di pace è come l’annunzio di allora sotto il cielo di guerra.
GABRIELE D’ANNUNZIO, L’ala d’Italia è liberata, Roma, La Fionda, 1919, pp. 19- 56

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LUIGI CADORNA 1850 -1928

Luigi Cadorna fu un generale dell'esercito italiano e Capo del Comando Supremo dal 1914 al novembre 1917. Figlio di un generale dell'esercito del Piemonte (il Regno d'Italia non era ancora nato), all'età di 10 anni iniziò la sua brillante carriera militare caratterizzata da serietà, inflessibilità e rigida osservazione delle regole. Crebbe nella convinzione che "le guerre vengono vinte con le offensive, dunque i comandanti dovrebbero andare all'offensiva. Riguardo alle operazioni difensive non aveva nulla da dire" (Mark Thompson, "La Guerra Bianca", Il Saggiatore, Milano, 2009, p. 67). All'inizio del XX secolo divenne uno dei personaggi militari più importanti del Regno d'Italia e nell'estate del 1914 sostituì il suo "storico antagonista", il generale Alberto Pollio, alla guida del Comando Supremo. La sua carriera ai vertici dell'esercito italiano corrispose al periodo della Grande Guerra. Ma la sua formazione e le sue idee si dimostrarono antiquate e i diversi piani di attacco ideati fallirono sistematicamente. Il suo carattere orgoglioso e rigido lo indussero inoltre ad assumere una condotta di guerra assolutamente autoritaria sia con il governo di Roma che con i soldati.

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FRANZ KAFKA 1883 - 1924

Scrittore boemo di lingua tedesca e di religione ebraica: sono gli elementi caratterizzanti il background culturale di Franz Kafka, lo scrittore nato a Praga che il padre, un ebreo di lingua ceca di origine contadina arricchitosi con la sua attività di commerciante, volle inserire il figlio negli ambienti tedeschi poichè gli ebrei tedeschi, cui apparteneva la madre, costituivano il ceto privilegiato per cultura e benessere economico; egli era un tipico 'assimilato' (cioè occidentalizzato) poco interessato sia alla cultura che alla tradizione ebraica, e privo di quella sensibilità, non solo artistica, che caratterizzò il figlio. Questi coltivò fin dagli anni del liceo l'interesse per la scrittura seguendo lo stile barocco e fiorito tipico della moda di quegli anni, ben diverso dallo stile asciutto delle opere che sono arrivate fino a noi. Iniziò gli studi letterari nel 1902 a Monaco di Baviera, ma li interruppe all'improvviso dopo solo un paio di mesi, facendo ritorno a Praga per frequentare la facoltà di Giurisprudenza, dove si laureò nel 1906 - assecondando così il volere della famiglia. Fece pratica legale, lavorò fino al 1908 alle Assicurazioni Generali, poi all'Istituto di Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro del Regno di Boemia. Nel 1917 si manifestò la malattia (tubercolosi polmonare) di cui morirà nel 1924 nel sanatorio di Kierling vicino a Vienna. Qui era stato trasferito da Berlino, dove aveva convissuto per un paio di anni con Dora Dymant (o Diamant). Gli ultimi anni furono caratterizzati da ripetuti ricoveri in sanatorio. In realtà la maggior parte delle sue biografie dimenticano di citare il fatto che i suoi ricoveri in case di cura e sanatori di vario tipo erano iniziati già nel 1903 e si erano susseguiti con una certa regolarità fino al 1913 (per maggior precisione nel 1905, 1906, 1911, 1912, 1913), per interrompersi poi fino alla diagnosi (ufficiale) della sua malattia, avvenuta nell'estate del 1917. Questo (e non solo questo) fa supporre che la sua malattia fosse iniziata molti anni prima: così l'analisi dei racconti, da me condotta in parallelo a quella dei dati biografici nel saggio "Franz Kafka. La scrittura immanente", sembra confermare e convalidare questa ipotesi. Questo dato, se considerato valido come ritengo, sarebbe di fondamentale importanza: non solo fornirebbe un elemento in più sulla vita dell'autore, non solo sarebbe il tassello mancante della sua biografia (è inverosimile che tale malattia inizi di colpo con una sintomatologia come quella da lui manifestata - un'emottisi - che generalmente si verifica in fasi più avanzate), ma soprattutto fornirebbe una traccia interpretativa di molti elementi della sua scrittura. Finora tuttavia questo dato non è stato preso molto in considerazione, e il 1917 viene considerato - in mancanza di altre notizie - come la vera data del suo inizio. Gran parte della vita di Kafka possiamo ripercorrerla attraverso sue testimonianze dirette di tipo letterario-biografico (note di diario, lettere, aforismi, appunti) e grazie alla biografia scritta dall'amico Max Brod. Questi fu il primo a qualificare Kafka come uno scrittore "religioso". Scrittore lui stesso, ne aveva compreso il genio letterario e lo aveva sempre incoraggiato e sostenuto su questa strada, senza accondiscendere - per nostra fortuna - alla consegna ricevuta di distruggere, dopo la morte, le sue opere. Altra interessante ricostruzione a posteriori della sua vita fu fatta dallo studioso Klaus Wagenbach, che collaborò negli anni '50 alla redazione completa delle sue opere per la casa editrice Fischer. In famiglia Kafka fu molto legato alle sorelle Elli, Valli e sopprattutto alla più giovane Ottla, e allo zio materno Siegfried Löwy, che era medico e che si interessò molto a lui. Ebbe invece un rapporto più contrastato col padre, senz'altro a causa del diverso carattere e dei diversi interessi. Morì il 3 giugno 1924 e venne sepolto nel cimitero ebraico di Straschnitz a Praga, dove giace tuttora. Le sue sorelle morirono nei campi di concentramento nazisti. Dalle sue opere sembra emergere una personalità notturna, oscura e tormentata, in contrasto con quanto affermato da Max Brod, che lo dipinge invece come una persona gentile e delicata, allegra e disposta alla battuta e allo scherzo. Era senz'altro un uomo sensibile, attento a quanto accadeva intorno a lui ma anche portato all'introspezione e alla specualzione filosofico-esistenziale. Da molte sue affermazioni sembrava soffrire di una sorta di privazione di identità culturale, dovuta - forse - al fatto di essere un ebreo "assimilato", cioè inserito e integrato nella società occidentale e privo di radici nella tradizione ebraica. Da qui il suo interessamento per quella cultura e la frequentazione nel 1911-1912 di una compagnia di attori di teatro yiddish che si esibiva allora a Praga, tra cui l'attore Jizchak Löwy con cui strinse amicizia. Tormentato, o forse semplicemente indeciso, lo fu nella vita privata (sia nei rapporti sentimentali che in quelli con la famiglia, che non aveva mai compreso ne' approvato le sue aspirazioni letterarie) (Da: http://www.scritturaimmanente.it)

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GABRIELE D'ANNUNZIO 1863 - 1938

Gabriele D’Annunzio nasce nel 1863 a Pescara in una famiglia borghese e agiata, che lo ricoprì di attenzioni, anche per la sua precocità intellettuale. Compie ottimi studi liceali e ancora collegiale, pubblica la prima raccoltine poetica , Primo vere, che suscita grande interesse. Dal 1881 si trasferisce a Roma, iscrivendosi alla facoltà di lettere. Ma la vita brillante della capitale distoglie l’ambizioso provinciale dagli studi regolari: fecondo poeta e prosatore, frequentatore dell’alta società, D’Annunzio non prenderà mai la laurea. Nel 1883 sposa la principessa Maria Hardouin di Gallese, da cui avrà tre figli. Tra il 1884 e il 1888 è cronista mondano: ciò costituisce per lui un utile esercizio stilistico su situazioni eleganti e frivole, poi sviluppate nel primo e fortunato romanzo, Il piacere. E’ ormai affermatissimo come scrittore. Un nuovo legame con la contessa Maria Gravina, gli dà altri due figli, tra cui la prediletta Renata , che D’Annunzio soprannomina gentilmente “la Sirenetta”. Nasce l’amore intenso e tumultuoso con la grande attrice teatrale Eleonora Duse. Nel 1897 è eletto deputato per l’estrema destra, ma nel marzo 1900, dopo la repressione del governo Pelloux seguita ai tumulti popolari milanesi, passa clamorosamente a sinistra. Dal 1898 si stabilisce con la Duse in Toscana. In questo periodo nascono alcune tra le sue opere maggiori, in prosa (il romanzo Il fuoco) e in poesia (il ciclo delle Laudi). Chiuso l’amore con la Duse, altre burrascose relazioni si susseguono e si intrecciano senza intervallo. Soverchiato dai debiti e assediato dai creditori, nel 1910 ripara in Francia. Nel 1915 rientra in Italia ed è tra i più fervidi interventisti. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, nonostante sia più che cinquantenne, prende servizio al fronte, mosso dall’ambizione di svolgere in ogni circostanza il ruolo del superuomo. S’impegna poi in molte azioni di guerra rischiose: l’incursione aerea su Pola, il volo su Vienna, ma soprattutto, occupa Fiume. Conclusa l’avventura di Fiume si sposta in una villa di Gardone Riviera. Qui resta sino alla morte, nominato nel 1924 dal re, su proposta di Mussolini, principe di Montenevoso. La villa viene ingrandita e via via trasformata in una casa-museo. E’ il fastoso “Vittoriale degli Italiani”, che D’Annunzio donerà allo Stato. Muore il 1° marzo 1938, stroncato da un’emorragia cerebrale. (da: http://www.parafrasando.it/BIOGRAFIE/D_Annunzio_Gabriele.html)

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LUIGI ORSINI

Anche nei nostri cuori di bambini Cresce un timido stelo per gli Eroi; E il Fior che a sommo vi fiorisce, noi Lo custodimmo in candidi giardini. Così per Te, che rechi alto il retaggio Dell’antica virtù, schietta e sublime, Oggi si leva un alito di rime, Come farfalle bianche, a farti omaggio E preghiam che i tuoi voli in allegrezza Scòrti pe’ cieli il canto degli uccelli, E che gli angioli d’oro, a noi fratelli, Veglin benigni sulla tua salvezza. Sia la Fortuna a te dolce compagna Sempre, e sorrida a’ tuoi gesti superni; Onde il tuo nume fulgido s’eterni Ne la gloria d’Italia e di Romagna
G.G. NAPOLITANO, Baracca, «L’ala d’Italia», Roma, 1-15 febbraio 1939, p. 24

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LUIGI ORSINI 1873 - 1854

Di Imola, poeta e pubblicista, librettista e conferenziere, fondò nel 1904 con Gaetano Gasperoni la rivista “La Romagna nella storia, nelle lettere e nelle arti”. Collaborò con importanti giornali: “Popolo d'Italia”, “Il Resto del Carlino”, “Regime fascista”, “L'Illustrazione Italiana”. Nel 1911 ottenne la cattedra di letteratura poetica e drammatica presso il Regio Conservatorio di Milano, presso cui insegnò fino al 1939. Durante il fascismo svolse attività di oratore ufficiale in numerose cerimonie civili, tra cui nel 1928 l'inaugurazione del monumento ai caduti imolesi della prima guerra mondiale. Vinse con la lirica Humilis ardeo il “Lauro d'oro” alla prima accademia nazionale di poesia tenuta a Milano nel 1933..

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FRANCESCO BARACCA
1988 - 1918

Nasce a Lugo di Romagna l’aviatore italiano Francesco Baracca. Baracca si distingue durante i combattimenti aerei della prima guerra mondiale. Fa dipingere sulle fiancate dei suoi velivoli un cavallino rampante che sua madre regalerà nel 1923 a Enzo Ferrari e che diventerà il simbolo della Scuderia Ferrari. Muore durante una missione di mitragliamento a bassa quota, sopra Colle Val Dell'Acqua, sul Montello, abbattuto probabilmente da un colpo di fucile sparato da terra.

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BALILLA PRADELLA
1980 - 1955

Nasce a Lugo di Romagna compositore e musicologo. Nel 1899 è ammesso al conservatorio di Pesaro e segue i corsi di Mascagni e Cicognani e nel 1903 si diploma in composizione. A Parigi conosce Luigi Russolo ed entra a far parte a pieno titolo del gruppo di artisti futuristi. Il Manifesto tecnico della musica futurista del 1911 proclama l'atonalismo, l'enarmonia, la polifonia in senso assoluto e il ritmo libero. Prima di incontrare Marinetti e di aderire al futurismo, si era interessato ai canti popolari della sua regione. Il 20 agosto 1910 Pratella esegue l'intermezzo della La Sina’d Vargöun al Teatro comunale di Imola ed è qui che fa la conoscenza di Marinetti. Lo stesso anno Pratella redige il Manifesto dei musicisti futuristi (11 ottobre 1910) che sarà seguito dal Manifesto tecnico della musica futurista (11 marzo 1911) e dalla Distruzione della quadratura (18 luglio 1912). Nel 1912 l'editore bolognese Bongiovanni pubblica un volume chiamato Musica futurista, nel quale Pratella è presentato come il punto di riferimento in materia di musica futurista. L'Inno alla vita è la sua prima composizione che aderisce ai principi musicali futuristi. Nel 1913 comincia a comporre L'aviatore Dro, la sua seconda grande opera futurista, nella quale introduce un’orchestra mista di strumenti tradizionali e di intonarumori.

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