Nelle operazioni della prima grande guerra, l’aereo italiano, come suggerisce la suggestiva immagine dannunziana: «noi fummo le guardie alate del confine», ha una funzione essenzialmente di supporto all’artiglieria e di osservazione dei movimenti nemici. In alcuni romanzi ambientati sul fronte sono descritti i primi combattimenti aerei. Finita la guerra l’interesse per il volo si estende rapidamente, in pochi anni si costruiscono ben 177.000 apparecchi; nel 1919 nasce la prima compagnia aerea civile d’Europa, la Deutsche Luft Reederai e nel 1920 Arturo Ferrarin con Guido Masiero compie il primo volo da Roma a Tokio. Nell’aprile 1926 ha inizio a Trieste un servizio d’idrovolanti per trasporti civili e il 20 settembre dello stesso anno è inaugurato il primo idroscalo civile d’Italia alla base del triestino molo Audace. A dirigerlo era Giovanni Widmer, pioniere dell’aviazione italiana, distintosi nel 1911 nella competizione all’aerodromo di Zaule.
Nel 1927 Charles Lindbergh attraversa l’Atlantico da New York a Parigi sul mitico Spirit of St. Louis. Un intensificarsi di realizzazioni che spiega l’eccitazione e il fermento dei futuristi; sono loro, lo si è visto, a trainare la cultura e l’arte novecentesche, le sollecitano alla rappresentazione della modernità e al canto del progresso.
Tra i primi a balzare sull’aereo ci sono loro, per farne, tra l’altro, occasione d’arte viva: è infatti una vera meraviglia e una meta da raggiungere il declamare aeropoesie in carlinga. Filippo Tommaso Marinetti dà alcuni consigli su: «Come declamare degnamente in alto con un senso di sospensione e un senso di velocità continua aeropoesie dettate dal carburante dagli acciai e dagli allumini diminuendo nella voce ciò che vi è di troppo umano e carnale in una declamazione».
É indispensabile diventare una realtà unica con la macchina, quasi rombare insieme alle forze dei gas in rissa con le deliranti calorie dei metalli ognuno ebbro di elasticità e di resistenza È opportuno rispettare i richiami dell’aereo e quindi Talvolta non potendo gareggiare con la voce in sonorità parlino soltanto i motori coi gesti e le occhiate del declamatore E questi faccia circolare fra gli aeropasseggeri e fra i piloti dei foglietti di Una volta, dice Marinetti, "i grandi poeti come Leopardi e Baudelaire deliziavano le loro nostalgiche esaltazioni con la minuta descrizione delle nuvole al tramonto Ora considerandole non più come un ideale soffitto ma come un ideale pavimento provo a declamare queste ancora terrestri poesie per acclimatarle in carlinga sulle ali ed anche sopra la vorticosissima elica"

PAGINA 18

Raid Roma Tokyo
febbraio- maggio 1920

Regina Benedetta Barbara, Aeropittura, 1938

Arturo Ferrarin

Guido Masiero

Giovanni Widmer

Charles Lindbergh

Filippo Marinetti

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

ARTURO FERRARIN 1895 - 1919

Nasce a Thiene (Vicenza) e chiamato alle armi nel giugno 1915 viene assegnato, come altri due fratelli, al Battaglione Aviatori. In attesa di essere ammesso al pilotaggio, presta servizio in un reparto di volo quale mitragliere di bordo. Conseguito il brevetto di pilota militare sul finire 1916 presso la scuola di volo di Cameri(Novara) viene nominato nello stesso anno sottotenente di complemento. Svolge una intensissima attività quale istruttore di pilotaggio e di acrobazia; Nel dicembre 1917 viene assegnato alla 82a squadriglia da caccia. Partecipa a numerose azioni belliche, conseguendo l’abbattimento due aeroplani nemici, ricevendo la medaglia d'argento al valor militare e due croci di guerra. Nell'immediato dopoguerra, in occasione di manifestazioni aviatorie svoltesi in Francia, Belgio, Olanda, primeggia in alcune gare di acrobazia. Nel raid di Roma-Tokyo (14 febbraio/30 maggio 1920) il suo sarà l’unico velivolo che riuscirà a raggiungere, dopo un volo avventuroso d’oltre 16.000km, la capitale nipponica. Nell’ottobre del 1922 vince su Ansaldo Postale la Gran Coppa d’Italia, disputata sul circuito Sesto San Giovanni-Malpensa-Bologna-Ghedi, nonostante proibitive condizioni meteorologiche. Successivamente la sua principale attività è quella di pilota collaudatore e nel 1926 viene prescelto come pilota per concorrere su Macchi M.39 alla prestigiosa « Coppa Schneider » (gara di velocità in linea retta per idrovolanti) svolta a Norfolk (U.S.A.), ove però è costretto al ritiro dopo i primi giri per rottura della tubazione dell’olio. L'anno successivo, nell’edizione della Coppa disputata a Venezia, pilota il Macchi M.52 ma un’avaria tecnica lo costringe nuovamente al ritiro. Nel 1928 alla guida del monoplano SIAI S.64, insieme a Carlo Del Prete, conquista all'Italia il primato mondiale di durata e distanza in circuito chiuso (58 ore e 43 minuti; chilometri 7.666). Il 3 luglio 1928 Ferrarin e Del Prete sempre su S.64 decollano da Montecelio (Guidonia)con destinazione Bahia in Brasile, distante 8.200 km. Il 5 luglio dopo 49h e 15’il velivolo, giunto al termine dell’autonomia, compie atterraggio di fortuna sulla spiaggia di Touros vicino Porto Natal conquistando così il record del mondo di volo in linea retta con il riconoscimento del compimento di 7188 km (circa 8000 effettivi). Ma è destino che l’impresa debba volgersi in tragedia: riparate le avarie aereo e piloti proseguono per Rio de Janeiro ove i due piloti sono coinvolti in un incidente di decollo a bordo di un idrovolante che causa il ferimento di Ferrarin e la morte (16 agosto) di Del Prete al termine di una lunga agonia. Per la conquista di questi records a Ferrarin viene attribuita la medaglia d'oro al valore aeronautico. La vita del grande aviatore viene stroncata da un incidente il 12 luglio 1941, a Guidonia (Roma).

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GUIDO MASIERO 1895 - 1942

Di famiglia agiata, allo scoppio della guerra era sergente sui Voisin a Santa Maria La Longa. Rimase con la 26a Squadriglia fino al 1917 per passare poi alla caccia. Anche lui - nella confusione che seguì Caporetto - fu frettolosamente mandato al fronte con gli altri. Arrivò a Istrana nella 78a Squadriglia già ufficiale e si mise in luce per la sua abilità. In breve tempo raggiunse le 5 vittorie guadagnandosi il rango di «asso» proprio il giorno della grande battaglia aerea di Istrana, il giorno di Santo Stefano del 1917. Alla fine febbraio del '18 passò con Gino Allegri alla III° Sezione SVA dove rimase fino alla fine del conflitto. Nel dopoguerra fu richiamato in sevizio per il progettato raid Roma-Tokio. Siamo nel febbrario del 1920. Masiero e Ferrarin partirono il 14 febbraio e con i motoristi Gino Capannini e Roberto Maretto arrivarono a Tokio il 31 maggio. Guido Masiero fu volontario nella campagna d'Etiopia e quindi nella guerra di Spagna. Dopo il congedo, alla fine del 1939, passò alla Breda come collaudatore e progettista lavorando allo sviluppo di nuovi velivoli. Il 24 Novembre 1942, nella nebbia, si scontrò con un Macchi 202, ai comandi del quale era un altro famoso pilota, Francesco Agello. Morirono entrambi.

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GIOVANNI WIDMER 1892 -1971

Giovanni Widmer nasce, il 25 aprile del 1892, a Trieste, e già in giovane età dimostra interesse per la meccanica: frequenta la Scuola Industriale di Trieste e trascorre le sue giornate documentandosi sul mondo dell’aviazione. Assiste a numerosi “esperimenti di aviazione”, come quello del 1910 a Capodistria, dove svolge la Prima Esposizione Provinciale Istriana. Terminati gli studi nel 1911, Gianni convince il padre a lasciarlo iscriversi alla scuola di volo de La Comina (Pordenone), che dopo un po’, per problemi finanziari, chiude e così Widmer è costretto a cambiare scuola e si iscrive a quella di Taliedo (Milano), dove il 18 giungo del 1911 ottiene il brevetto; subito effettua, sul Blériot XI, la traversata Grado-Trieste, poi partecipa al raid Venezia-Trieste – con partenza davanti all’Hotel Excelsior del Lido di Venezia – mentre a Wiener Neustadt partecipa alla prima gara internazionale di volo in Austria. Nel 1912, compie un raid fino a Venezia in occasione dell’inaugurazione dell’appena ricostruito campanile di San Marco, nel giorno del suo ventesimo compleanno, e nello stesso anno esegue il primo tour nei Balcani: passando sopra Zara, Spalato, Lubiana, Zagabria, Belgrado, Sarajevo e infine Montenegro. Nel 1914 Widemera arriva a Roma. L’ultimo meeting che vede Gianni partecipe è quello di Aspern (Vienna), nel 1914, conclusosi proprio nei giorni dell’attentato di Sarajevo. La Prima Guerra Mondiale scoppia e Gianni cerca di arruolarsi nel Corpo Aeronautico Italiano, purtroppo la sua domanda non viene accettata. In seguito, Gianni si mette a disposizione della SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) di Sesto Calende: azienda di costruzioni aeronautiche, che necessita di aviatori che collaudino nuovi prototipi e velivoli da consegnare alle forze armate. Negli anni ’20 il Governo stanzia fondi per le società disposte a organizzare linee aeree nazionali: alla SISA vengono affidate la Trieste-Venezia-Milano-Torino e la Trieste-Zara, e Gianni diviene direttore dapprima dello scalo di venezia, poi di Trieste

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FILIPPO TOMMASO MARINETTI 1876 - 1944

Filippo Tommaso Marinetti, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1876, costituisce una sorta di figura simbolo nel clima d’avanguardia novecentesco. Strettamente a contatto con la cultura parigina del periodo, orienta la propria attività letteraria verso un’edificazione della cultura rinnovata. Sceglie un prestigioso giornale di Parigi, Le Figaro, per lanciare, nel 1909, il Manifesto del Futurismo, che sancisce in modo ufficiale la nascita del movimento stesso. Propone un rifiuto radicale del passato, servendosi delle tecniche più evolute come la réclame, la diffusione editoriale, non senza fare appello, in alcuni casi, a provocazioni e scandali. Attivo politicamente, è difensore di un’ideologia individualistica e antidemocratica, della quale vede una possibile realizzazione nella politica fascista. E però dai suoi scritti che emerge la spinta innovativa. Nel Manifesto tecnico della Letteratura Futurista del 1912, le critiche sono rivolte ai valori tradizionali, alla poetica corrente, giudicata sentimentale e nostalgica. Per lui i nuovi capisaldi sono la tecnologia ed il progresso, la città, la velocità. Meno noti ma non per questo meno importanti sono gli altri manifesti futuristi redatti da lui stesso o grazie alla sua collaborazione, si possono citare il Manifesto della Danza, Il Manifesto della Politica. Curioso è il fatto che Marinetti si occupi anche di arte culinaria, nel suo “La cucina futurista”. Si spegne a Bellagio (Como), nel 1944. Sono notevoli le influenze del poeta sugli autori novecenteschi, da Palazzeschi a Pirandello, fino ai giorni nostri. La rete offre numerosi siti sul letterato futurista, la ricerca dovrà essere eseguita selezionando quelli più interessanti, per evitare di incorrere in disinformazione e banalità. I siti rintracciabili puntano la loro attenzione sui Manifesti redatti dal poeta, mentre la trattazione delle altre sue opere non è ancora molto sviluppata. (da: www.letteratura.it)

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CHARLES LINDBERGH 1902 - 1974

Sin da giovane, Charles Lindbergh aveva immaginato la sua epica trasvolata dell’Oceano Atlantico. Fu per questo motivo che lasciò dopo due anni la facoltà di Ingegneria della University of Wisconsin per arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti. Seguì l’addestramento piloti della Brooks Air Force Base di San Antonio, Texas. Si laureò nel 1925. Nello stesso anno cominciò a lavorare per la Robinson Aircraft Corporation: pilotava aerei postali tra St. Louis e Chicago. Si fece conoscere per il suo talento ad alta quota. Nel 1927 Lindbergh persuase nove uomini d’affari di St. Louis, Missouri, a finanziargli la costruzione di un monoplano in grado di volare da New York a Parigi. Ciò che lo spinse a tentare la traversata fu il premio da 25 mila dollari che l’imprenditore di origini francesi Raymond Orteig offrì al primo aviatore che avesse percorso quella tratta, in un senso o nell’altro. L’aereo, battezzato Spirit of St. Louis in onore della città dei suoi finanziatori, fu completato il 28 aprile 1927. Lindbergh partì il 20 maggio 1927 da Roosevelt Field, Long Island: dopo 33 ore, 30 minuti e 29 secondi atterrò in Francia, all’areoporto di Le Bourget. E il suo nome entrò nella storia.

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LUIGI ORSINI

Anche nei nostri cuori di bambini Cresce un timido stelo per gli Eroi; E il Fior che a sommo vi fiorisce, noi Lo custodimmo in candidi giardini. Così per Te, che rechi alto il retaggio Dell’antica virtù, schietta e sublime, Oggi si leva un alito di rime, Come farfalle bianche, a farti omaggio E preghiam che i tuoi voli in allegrezza Scòrti pe’ cieli il canto degli uccelli, E che gli angioli d’oro, a noi fratelli, Veglin benigni sulla tua salvezza. Sia la Fortuna a te dolce compagna Sempre, e sorrida a’ tuoi gesti superni; Onde il tuo nume fulgido s’eterni Ne la gloria d’Italia e di Romagna
G.G. NAPOLITANO, Baracca, «L’ala d’Italia», Roma, 1-15 febbraio 1939, p. 24

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RAID ROMA - TOKYO
20 febbraio - 31 maggio 1920

Nel 1920 due velivoli S.V.A. pilotati da Arturo Ferrarin e Guido Masiero decollarono da Centocelle(Roma) alla volta di Tokyo. Il germe del volo Roma-Tokio nasce nella mente del poeta Gabriele D’Annunzio attraverso la conoscenza, avvenuta nei tormentati anni della guerra mondiale, con lo scrittore giapponese Haru-Kichi-Shimoi, sincero ammiratore dell’Italia. L’impresa deve costituire auspicio di amicizia fra i due popoli e dimostrazione delle straordinarie possibilità del mezzo aereo, agli inizi del suo impetuoso sviluppo. Al termine del conflitto il progetto prende corpo con la definizione dei velivoli da impegnare e delle inedite esigenze logistiche connesse al lunghissimo e complesso volo. Viene dato corso al dislocamento nelle varie tappe, sovente in località remote carenti o addirittura prive di linee ferroviarie, telegrafo o addirittura strade degli essenziali accantonamenti di materiali. Ferrarin si inserisce quasi incidentalmente nell’impresa: convalescente a Parigi da un’operazione apprende da Piccio dell’audace progetto e decide di parteciparvi. Il colonnello Berliri gli formula richiesta che la partenza avvenga nell’arco di una settimana. Ferrarin accetta, chiedendo di poter volare in coppia con un altro apparecchio. La partenza subisce alcuni ritardi per il danneggiamento dello SVA previsto per il raid e la necessità di utilizzarne un altro in condizioni tutt’altro che ottimali. Nel programma originario si era prevista la partecipazione di 4 Caproni e 5 SVA ai quali si aggiunsero all’ultimo momento Arturo Ferrarin e Guido Masiero su SVA che dovevano servire da staffetta per gli altri. I Caproni non andarono oltre la Siria; del gruppo dei 5 SVA uno solo giunse a Calcutta dove si sfasciò. A Calcutta, Ferrarin e Masiero furono fermati da un ordine ministeriale, ma dopo venti giorni di sosta, per evitare la stagione delle piogge, ruppero gli indugi e proseguirono il viaggio. Il raid di circa 18.000 km attraverso Grecia, Turchia, Siria, Mesopotamia, Persia, India, Birmania, Siam, Indovina, Cina, Manciuria, Corea e Giappone fu tormentato da tifoni, monsoni, alluvioni, guerriglie locali e numerosa avarie ( riparate dagli ottimi motoristi Cappannini e Maretto). A Canton, Masiero, in decollo, investì un albero e distrusse l’aereo raggiungendo Shangai in piroscafo dove era stato posizionato uno SVA giunto via mare. L’interruzione del volo comportò il declassamento dell’impresa di Masiero rispetto a quella di Ferrarin. L’impresa ebbe alta risonanza nel mondo e le accoglienze lungo il percorso furono molto calorose: il Giappone decretò 40 giorni di festeggiamenti con manifestazioni a Tokyo di delirante entusiasmo ( Time di Londra).

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