Ogni pagina di Saint-Exupery rivela questa verità; si legga, da Terra degli uomini, il racconto di un atterraggio difficoltoso. Ed ecco il commento del pilota-poeta, narratore di esemplari traguardi: In questo modo ... . Se lo scrittore è pilota e poeta, come accade a volte nel Novecento e come testimonia Saint de Exupery, simboli e fantasie illuminano la sua esperienza di progressivo allontanamento dalla materia e tentano di rendere il suo indefinibile stato di grazia. Di solito l’aviatore che narra o compone versi riconduce religiosamente il senso della vita all’essenziale e alla bellezza di un’umanità abbeverata di sogni, anche, per così dire, redenta: Oh! Sono scivolato ...

A scrivere è John Gillespie Magee Junior, ufficiale pilota della RCAF, caduto in guerra l’11 dicembre 1941; il componimento è un inno ai piloti di tutte le generazioni. In questa sintesi poetica si ritrova l’atteggiamento spirituale di Saint Exupery. Sia in Terra degli uomini, sia in Pilota di guerra e in Volo di notte, Saint Exupery lotta per ritrovare l’Uomo, quello biblico, che nasce da «acqua e da Spirito». Lo incontra nella cabina dell’aereo; là è puro spirito e prova, durante il volo, emozioni di alta moralità e d’amore. Si pensi alla lezione del Piccolo Principe: nel suo vagabondare tra i pianeti, egli scopre il destino che accomuna natura e uomini; entrambi vivono solo grazie all’amore di qualcuno e nell’amore. La volpe svela questo segreto al Piccolo Principe: «Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi»; la

conclusione è che ovunque ci si trovi, una volta compresa tale verità, può essere inutile e deludente fuggire verso mete lontane. È proprio entro l’incommensurabile dono dell’amore che si riconoscono il forte senso del dovere di Saint Exupery, la seria e commovente onestà degli Scritti di guerra, delle Lettere a un ostaggio e delle Lettere alla madre, ed anche i simboli fondamentali che lo scrittore lega all’esperienza di volo: l’inosato, l’inaudito, l’infinito, l’incognito, Dio. Anche nell’immaginario poetico di Rainer Maria Rilke l’augurio è che «l’orgoglio puerile degli ordigni che crescono» miri a mete non solo altimetricamente superiori: Solo quando ... Allora, forse, l’uomo sperimenterà la beatitudine di Magee. Beatitudine raggiunta provvisoriamente dal poeta turco Nazim Hikmet che, innamorato, per spiegare in che consiste la felicità dell’amore la paragona, tra l’altro, a un volo in aereo. Si leggano i versi seguenti scritti nel 1959: Ti amo come se mangiassi il pane ...

PAGINA 25

Settimana di Idroaviazione di Napoli
6-13 agosto 1922

Gerardo Dottori, Volo su paese, 1930

Antoine de Saint Exupery

John Gillespie Magee Jr.

Rainer Maria Rilke

Nazin Hikmet

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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007

ANTOINE DE SAINT-EXUPERY 1900 - 1944

Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry nacque a Lione in una vecchia famiglia di nobili - uno dei suoi antenati aveva combattuto con gli americani a Yorktown. Aviatore e scrittore francese, fu un vero eroe che guardava all'avventura e al pericolo con gli occhi del poeta - a volte dal punto di vista di un bambino. L' opera più famosa di Saint-Exupéry è "Il Piccolo Principe", del 1943, romanzo che ha anche illustrato e che è divenuto uno dei classici della letteratura per l'infanzia del XX secolo. Durante la seconda guerra mondiale solcò i cieli in molteplici missioni di ricognizione tra la Sardegna e la Corsica; dall'ultima, in circostanze ancora non del tutto chiarite, non fece ritorno. Il suo aereo precipitò il 31 luglio 1944 per essere ritrovato solo nel 2004

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JOHN GILLESPIE MAGEE JR 1922 - 1941

John Gillespie Magee Jr. was born in Shanghai, China to missionary parents. His father was American and his mother was British; Magee moved to England in the early 1930s to attend St. Clare’s and then Rugby School, where he won the Poetry Prize in 1938. Magee left England for the United States in 1939 to attend Yale University, though he never officially enrolled. Instead, Magee joined the Royal Canadian Air Force and was sent to England for training. Magee never saw combat and died during a mid-air collision with another pilot in training. Magee’s poem, “High Flight” was inspired by a high altitude test flight. He sent a copy of the poem to his parents, who published it after his death. The poem was displayed in the Library of Congress, and posters with the poem, a portrait of Magee, and a sketch of the plane he flew were distributed to British airfields.

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RAINER MARIA RILKE 1875 - 1926

Poeta boemo di lingua tedesca (Praga 1875 - Muzot, Svizzera, 1926). Indirizzato dal padre alla carriera delle armi, tradizionale nella famiglia, a 16 anni abbandonò l'accademia militare. Passando da Linz a Praga, di qui ancora a Monaco e a Berlino, fece studî irregolari. La certezza di una vocazione poetica gli venne a Monaco, dove fu nel 1896 e dove conobbe Lou Andreas-Salomé, di 14 anni più anziana, legandosi a lei in un singolare rapporto affettivo. Determinanti per lo sviluppo della sua personalità furono le esperienze di viaggio in Toscana (Florenzer Tagebuch, 1898) e soprattutto in Russia (1898 e 1899), dove fu ricevuto dal vecchio Tolstoj. La sensibilità per le arti figurative spinse R. a vivere per due anni (1900-02) a Worpswede, villaggio di artisti nei pressi di Brema, dove si unì in matrimonio di breve durata alla scultrice Clara Westhoff, allieva di Rodin. Dal 1903 R., che non aveva ancora avuto una stabile residenza, trovò a Parigi una specie di patria, e in Rodin un interlocutore privilegiato e un modello per la sua ricerca formale. Ma anche durante gli anni parigini continuò la serie dei suoi viaggi per tutta l'Europa e anche in Africa; tra l'altro a Roma (1903-04) e al castello di Duino presso Trieste (1911-12), dove fu ospite della principessa von Thurn und Taxis. Allo scoppio della guerra nel 1914, fu trattenuto in Germania, dove prestò servizio, a Monaco, in un ufficio di estrema retrovia. Finita la guerra, distrutto in Europa, dall'Austria alla Russia, il mondo in cui aveva posto fiducia, R. si stabilì, dopo un nuovo e più breve soggiorno a Parigi, nel piccolo castello alpino di Muzot, nel Vallese, ospite di un nuovo mecenate. Gli ultimi anni furono molto penosi, a causa del rapido declino fisico; morì di leucemia, all'età di 51 anni. ▭ R. fu narratore squisito (Am Leben hin, 1898; Zwei Prager Geschichten, 1899; Die Letzten, 1902) e si cimentò anche nel teatro, recependo suggestioni naturalistiche (Ohne Gegenwart, 1898; Das tägliche Leben, 1902). Ma fu soprattutto, o forse esclusivamente, un lirico, fra i più significativi e fra i più fortunati del secolo. Già le sue prime esperienze poetiche sono caratterizzate da musicalità malinconica (Leben und Lieder, 1894; Wegwarten, 1895-96; Larenopfer, 1896), tentativo anche di un ancoraggio alle tradizioni della città natale, che però, per lui di radice e cultura tedesca, non fu mai interamente sua. Traumgekrönt (1897) e Advent (1898) preludono a Mir zur Feier (1899), in cui per la prima volta emerge la tematica dell'angelo, centro di una religiosità sofferta e ben presto discosta da ogni confessionalità. È di quello stesso anno, anche se pubblicato solo nel 1906, il volumetto in prosa lirica Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke, serie di rapide impressioni su cui corre, con languore neoromantico, una struggente nostalgia di vita sospinta verso la meta di una prematura dissoluzione. Intanto nel 1902 uscì Das Buch der Bilder, raccolta di liriche di ricca suggestione figurativa, dettata dall'esperienza di Worpswede, e nel 1905 Das Stundenbuch, libro di meditazioni religiose, testimonianza di una sete di Dio ricercato sotto ogni forma e presso ogni creatura, primo capolavoro di R. per carica concettuale e per rigoglio stilistico. Nei Neue Gedichte (2 voll., 1907-08) R. assorbì la lezione di Rodin, affidandosi alla lirica per attingere quella che egli definiva "visibile inferiorità delle cose", plastificando in un linguaggio di ricercata semplicità una sfera che di continuo sfiora l'ineffabile. Un momentaneo ritorno alla prosa si ebbe col romanzo Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge (1910), nel cui giovane protagonista, poeta e nobile, si riflette l'esasperata sensibilità fisica e spirituale dell'autore. Passarono varî anni prima che R. tornasse a pubblicare; ma quando lo fece, nel 1923, diede insieme, in una sintomatica polarizzazione, le sue prove più organicamente coordinate, le Duineser Elegien e Die Sonette an Orpheus. Le 10 Elegien, concepite e scritte, con ampî intermezzi, lungo l'arco di oltre 10 anni, ripropongono ed esaltano la tematica dell'angelo e, per suo tramite, una nuova mistica cosmica, che ignora Dio ma non il divino, pervasa da un'aspirazione non sempre tutta espressa ed esprimibile verso l'unità dell'essere germinale, tanto più urgente per quanto più funesta si è fatta, con gli sconvolgimenti intervenuti e con quelli incombenti, l'età presente. I Sonette, in integrazione e insieme in contrapposizione alle Elegien, cantano la gioia della contemplazione poetica in un'epoca impoetica, espressione di un simbolismo decadentistico giunto, nel momento stesso in cui si esalta, alla sua estenuazione.

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NAZIM HIKMET 1902 - 1963

Il poeta turco Nazim Hikmet nasce a Salonicco. Il padre Nazim Hikmet Bey è un funzionario di Stato, la madre, Aisha Dshalia, una pittrice. Studia prima francese ad Istanbul, in Turchia, poi si iscrive all'Accademia della Marina militare, ma è costretto ad abbandonarla per problemi di salute. Comincia a fare il poeta a soli quattordici anni, introducendo per la prima volta il verso libero nella lingua poetica turca. La passione per la poesia gli viene trasmessa dal nonno paterno, che, oltre che pascià e governatore di varie province, è anche scrittore e poeta in lingua ottomana. Si schiera con Kemal Ataturk, ma rimane molto deluso dagli ideali nazionalisti. Si iscrive così al partito comunista e inizia la carriera di insegnante nella Turchia orientale. Nel 1922 purtroppo viene condannato per marxismo e sceglie l'esilio volontario in Russia. Gli è infatti impossibile rimanere in patria, dove è oggetto di una forte ostilità a causa della sua pubblica denuncia dei massacri avvenuti in Armenia nel periodo 1915-1922. In Russia la sua vita cambia radicalmente: si iscrive all'Università dei lavoratori d'Oriente e studia alla facoltà di sociologia. Nel periodo 1928-1936 Nazim Hikmet trascorre circa cinque anni in carcere, durante i quali scrive ben cinque raccolte di versi e quattro poemi lunghi. Durante questo periodo i suoi interessi letterari si diversificano ed, oltre alle poesie, lavora alla stesura di romanzi e testi teatrali, collaborando anche con alcuni giornali in qualità di giornalista e correttore di bozze. Nel 1938 Hikmet viene arrestato con l'accusa di aver incitato la marina turca alla rivolta con le sue poesie. Sembra, infatti, che i marinai amino leggere il suo poema "L'epopea di Sherok Bedrettini" che racconta della rivolta dei contadini contro l'impero ottomano nel 1500. La condanna è durissima: ben ventotto anni di carcere. Rimane in prigione per quattordici lunghi anni, durante i quali scrive le sue poesie più significative. I libri di Nazim Hikmet vengono tradotti in tutto il mondo e la sua fama di poeta cresce ovunque tranne che in patria, dove, come dovrà ammettere lui stesso con rammarico, le sue poesie non vedranno mai la luce nella loro lingua originale. L'ultima fuga di Hikmet all'estero è quasi un romanzo d'avventura: parte con una barchetta da Istanbul, ma mentre tenta di attraversare il Bosforo viene colto da una tormenta. Il caso vuole che riesca ad attirare l'attenzione di una nave bulgara, urlando il suo nome. Ma per quanto la nave segnali di averlo visto, non effettua nessun tentativo di salvataggio. Nazim quasi dispera di potersi salvare, quando la nave si avvicina e gli consente di salire a bordo. Nella cabina del capitano si ritrova di fronte ad un manifestino con la sua foto e la scritta "Salvate Nazim Hikmet". Il capitano aveva quindi impiegato un po' di tempo a salvarlo solo per ricevere indicazioni sul da farsi dal governo di Bucarest. Si trasferisce così nuovamente a Mosca. La Turchia intanto lo priva della cittadinanza. E' la Polonia a conferirgli una nuova cittadinanza, grazie all'esistenza di un vecchio progenitore da cui, secondo Nazim, derivano i suoi capelli rossi. Di nuovo a Mosca nel 1960, nel 2002, nel centenario della sua nascita, il governo turco, grazie ad una petizione firmata da oltre mezzo milione di cittadini, gli ha finalmente restituito la cittadinanza toltagli nel 1951.

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SETTIMANA DI IDROAVIAZIONE DI NAPOLI 1922

Il grande incontro internazionale di Napoli iniziò con la gara Coppa del Re con la partecipazione di sette concorrenti, tra i quali il tedesco Zimmerman con un monoplano Junkers. Si trattava di percorrere tredici volte il circuito tra Riva caracciolo, Capo Posillipo, Torre del Greco. Arrivarono nell'ordine: tenente Pellegrini con velivolo S13 che compì il percorso totale di 370 km in 2 ore, 9 minuti e 40 secondi. Poi Zimmermann, Centurione, Valdimiro e Fusco. La gara del miglio marino fu disputata da tre piloti (Bonsembiante, Sardi e Casimiro che si aggiudicò il successo). La prova di altezza fu disputata dagli stessi piloti della precedente con la vittoria di Sardi che raggiunse 4700 metri di quota. La Coppa Ancillotto fu vinta da Sardi su un percorso di 370 km, lo stesso della Coppa Schneider. La Gran Coppa del Tirreno, cui parteciparono quattro aeroplani, con Eicker e Zimmermann su Junkers, n Savoia pilotato da De Sio e un altro pilotato da Maddalena. Il quarto concorrente era Mattioli che fu costretto a rinunciare per avaria. A Palermo arrivò per primo lo Junkers di Eickler, seguito da Zimmermann e poi da De Sio. Eseguito il rifornimento i velivoli ripartirono per Napoli, dove, dopo un percorso di 2000 km giunse primo Zimmermann. A chiudere la manifestazione furono le gare per la Coppa Schneider con l'attesissimo duello italo-inglese. Quest'ultimi alfine si aggiudicarono la vittoria.

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Anch’io ho il ricordo d’una di quelle ore in cui si valica il confine del mondo reale: quella notte, i dati di rilevamento radiogoniometrico trasmessi dagli scali del Sahara erano stati tutti sfalsati traendo in grave inganno il marconista Neri e me. [...] Non si era più certi di raggiungere la costa, perché il carburante forse non sarebbe bastato. Raggiunta la costa, ci sarebbe stato da trovare lo scalo. E ormai la luna era al tramonto. Già sordi per mancanza di segnalazioni angolari, a poco a poco divenivamo ciechi. La luna finiva di spegnersi, come una brace pallida, in una nebbia simile a un banco di neve. Anche il cielo, sopra di noi, si copriva di nubi, e navigavamo tra nubi e nebbia in un mondo svuotato di luce e di sostanza. [...] Ad un tratto, quando già disperavamo, un punto luminoso si svelò sull’orizzonte, da prua a sinistra. Provai una gioia tumultuosa, sentii che Neri, chinatosi verso di me cantava! Non poteva essere altro che lo scalo, non poteva essere altro che il suo faro, poiché di notte il Sahara tutto intero si estingue e costituisce un grande territorio morto. Tuttavia la luce scintillò brevemente e si spense. Avevamo messo la prua addosso a una stella al tramonto, [...] vedemmo poi sorgere altre luci e, a volta a volta, puntammo su ciascuna con una sorda speranza. Se la luce perdurava, tentavamo l’esperimento supremo [...] Nonostante l’esaurirsi del carburante, ogni volta abboccavamo agli ami d’oro; ogni volta si trattava della vera luce di un faro, ogni volta si trattava dello scalo e della vita, e poi eravamo costretti a cambiar stella. Allora ci sentimmo persi nello spazio interplanetario fra cento pianeti inaccessibili, alla ricerca dell’unico pianeta vero, il nostro, il solo che contenesse i paesaggi a noi familiari, la case amiche, i nostri affetti. [...] Ma tra il nostro apparecchio e la terra abitata si accumulavano distanze invalicabili. Tutte le ricchezze del mondo avevano dimora in un granello di polvere smarrito tra le costellazioni. E l’astrologo Neri, che tentava di riconoscerlo, continuava a implorare le stelle. [...] In aereo tra realtà e fantasie 89 Solo un caso stranissimo ci salvò: venne il momento in cui, rinunciando alla speranza di poter raggiungere Cisneros e virando in direzione perpendicolare alla costa, decisi di mantenere la rotta fino a esaurimento del carburante. Mi riservavo così qualche possibilità di non naufragare in mare. [...] E improvvisamente si fece viva Tolosa, il capolinea perduto laggiù a quattromila chilometri. [...] «Disponete ancora di due ore di carburante. Serbatoio codesto apparecchio non serbatoio standard. Rotta su Cisneros».

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In questo modo le necessità inerenti a un mestiere trasformano e arricchiscono il mondo. Non vi è nemmeno bisogno di una simile notte affinché il pilota di linea scopra un significato nuovo nei vecchi spettacoli. Il paesaggio monotono, di cui il passeggero si stanca, è già altra cosa per l’equipaggio. Per lui quell’ammasso nuvoloso che sbarra l’orizzonte smette di essere uno scenario poiché riguarderà i suoi muscoli e gli porrà dei problemi. Ne tiene già conto, lo valuta, gli è collegato da un vero linguaggio. Ecco un picco, ancora in lontananza: che faccia farà? [...] Ed anche se il viaggio è un viaggio felice, il pilota che è in navigazione... non assiste soltanto a uno spettacolo. Le tinte della terra e del cielo, le tracce di vento sul mare, le nuvole dorate del crepuscolo, egli non le contempla: le medita. Simile al contadino, che fa il giro del suo podere [...] La macchina lo sottopone con un rigore ancora maggiore ai grandi problemi naturali dai quali pareva dapprima allontanarlo. Solo, nel centro del vasto tribunale, qual è per lui un cielo tempestoso, il pilota contende il suo corriere a tre divinità primordiali, il monte, il mare e l’uragano



ANTOINE de SAINT-EXUPÉRY, Terra degli uomini, Milano, Mursia, 2002, p. 38-44.

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Oh! Sono scivolato via dai rozzi legami della terra e ho danzato nei cieli su una risata di ali argentate; verso il sole sono salito e mi sono unito alle acrobazie di nuvole lacerate dal sole e fatto cento cose che tu non hai sognato di fare. Ho volteggiato e mi sono librato in aria e ho roteato alto nel silenzio illuminato dal sole. Volteggiando là, ho inseguito il vento che grida e ho lanciato la mia impaziente destrezza attraverso palazzi d’aria senza fondamenta su, su verso il delirante, bruciante blu. Ho raggiunto le altezze spazzate dal vento con facile grazia dove mai allodola o perfino aquila ha volato. E, mentre con la mente che si eleva silenziosa ho percorso l’alta, insuperata santità dello spazio, ho messo fuori la mia mano e toccato il volto di Dio



JOHN GILLESPIE MAGEE, High Flight, in The Complete Works of John Magee, The Pilot Poet, including a short biography by Stephen Garnett, Cheltenham, Gloucestershire, Unknown Binding, reperito in: a dictionary of quotations requested from the Congressional Research Service, by Suzy Platt, Washington D.C.: Library of Congress, 1989: «Oh! I have slipped the surly bonds of earth / And danced the skies on laughter-silvered wings; / Sunward I’ve climbed, and joined the tumbling mirth / Of sun-split clouds-and done a hundred things / You have not dreamed of – wheeled and soared and swung / High in the sunlit silence. Hov’ring there / I’ve chased the shouting wind along, and flung / My eager craft through footless halls of air. / Up, up the long delirious, burning blue, / I’ve topped the windswept heights with easy grace / Where never lark, or even eagle flew – / And, while with silent lifting mind I’ve trod / The high unsurpassed sanctity of space, / Put out my hand touched the face of God».

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Solo quando, non più fine a se stesso e di sé soddisfatto, il volo ascenderà alle calme celesti per librarsi in sagome lucenti, strumento coronato dal successo, beniamino dei venti, sicuro del suo agile volteggio, solo quando una meta pura vinca l’orgoglio puerile degli ordigni che crescono, allora, inebriato del trionfo, l’uomo che penetrò le lontananze sarà lui stesso la meta lontana che insegue col suo volo solitario



RAINER MARIA RILKE, Sonetti a Orfeo e Poesie sparse, Pordenone, Studio Tesi, 1990, p. 49: «O erst dann, wenn der Flug / nicht mehr um seinetwillen / wird in die Himmelstillen / steigen, sich selber genug, // um in lichten Profilen, / als das Gerät, das gelang, / Liebling der Winde zu spielen, / sicher, schwenkend und schlank, // erst, wenn ein reines Wohin / wachsender Apparate / Knabenstolz überwiegt, // wird, überstürzt von Gewinn, / jener den Fernen Genathe / sein, was er einsam erfliegt».

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Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale come se alzandomi la notte bruciante di febbre bevessi l’acqua con le labbra sul rubinetto ti amo come guardo il pesante sacco della posta non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia pieno di sospetto agitato ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il crepuscolo scende su Istanbul a poco a poco ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.



NAZIM HIKMET, Ti amo come se mangiassi il pane, in ID., Poesie d’amore, Milano, Mondadori, 2002, p. 92.

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