Verosimilmente in queste lusinghiere aspettative novecentesche si
potrebbe trovare risposta al dubbio prospettato da Leopardi nel già
citato Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Sembra comunque difficile raggiungere lo stato di grazia vissuto
poeticamente da Magee, vagheggiato da Rilke, inseguito da Leopardi,
celebrato da Hikmet che, in un’altra bellissima poesia, scrive invece così:
L’aereo è un lieve destriero di ferro ...
L’ispirato grande poeta turco di questi versi non ha pace sull’aereo;
egli infatti non parla con mente e cuore d’innamorato e neppure di
pilota, bensì di passeggero e illustra, seppur mirabilmente attraverso
immagini inedite, la condizione di chi sale in aereo per spostarsi, una
condizione molto meno privilegiata, eccezionale ed eroica, di quella
dell’aviatore chiaramente descritta in questa prosa:
Nel breve guscio d’una carlinga ...
Parecchi testi contemporanei ci portano dunque in cabina tra i
viaggiatori e le loro fantasie, che li stimolano a meditare. Al dubbio di
Hikmet: «Ma com’è?», fa eco quello di Pier Paolo Pasolini:
«Padre,
che cosa mi sta succedendo?». La poesia procede sul filo di un’introspezione disincantata; sono
cruciali gli avverbi «effettivamente» e «praticamente», preceduti
dall’aggettivo «effettiva» attribuito alla velocità media dell’apparecchio.
Il sottile gioco ironico smaschera ogni possibile simbiosi con la
macchina: in Pasolini, viaggiatore di riguardo sul Caravelle, non c’è
nulla di certo, meccanico o probabile. Il suo imbarazzo, nell’immobilità
della cabina, è dovuto alla coscienza della discrepanza tra la propria
immagine e il proprio essere. Gli ultimi versi sono un succedersi di interrogativi, neanche tanto retorici e, alla solidità dell’aereo, che
corrisponde al suo compito, si contrappone la fragilità dello scrittore
che si sente impari al proprio.
Se a volare è un narratore, la prosa, meno sintetica della poesia, si
concede ampie digressioni descrittive che comunque, quasi fatalmente,
conducono a pause riflessive più o meno ambiziose. Emilio Cecchi, in
Periplo dell’Africa, ce ne dà un saggio,
Chi racconta è nella carlinga e il velivolo è «dentro» i piovaschi, è
inoltre possibile che qualche nube scivoli «dentro» gli acquitrini che
riflettono il cielo: l’esperienza sottolineata è di appartenenza e intimità
tanto che entro la nube s’adombra un pensiero che il passeggero a sua
volta, con senso panico, identifica nella pozza d’acqua. Il narratore va di
paesaggio in paesaggio ed è “dentro” il movimento dell’aeroplano,
piomba sulle mandre o si sposta a larghi giri e vira con l’aereo in fuga,
sembra ridursi, per alcuni aspetti, a puro moto per poi recuperare la
propria coscienza e ricordare il mistero delle origini del mondo con una
veloce puntata nel regno divino della «Creazione».
PAGINA 26
Olga Biglieri, Aeropittura, 1938
Giacomo Leopardi
Nazin Hilkmet
John Gillespie Magee Jr
rainer Maria Rilke
Pier Paolo Pasolini
Emilio Cecchi
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Testo di: Anna Bellio, Voli di Sogno nella letteratura italiana del novecento, I.S.U. Università Cattolica, 2007